Roma, 15 mar. (LaPresse) – L’ex gip del Tribunale di Palmi, Giancarlo Giusti, si è tolto la vita mentre si trovava agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Montepaone, nel Catanzarese, dopo essere stato coinvolto in due inchieste delle Dda di Milano e Catanzaro sui suoi presunti rapporti con esponenti della ‘ndrangheta. Giusti aveva 48 anni. Lo rende noto in un comunicato il sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, commentando così: “Una notizia drammatica, ma sintomatica del fatto che le tensioni e le criticità nel sistema dell’esecuzione della pena in Italia sono costanti – dichiara Donato Capece, segretario generale del sindacato – e che a poco serve un calo parziale dei detenuti, da un anno all’altro, se non si promuovono riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale”.
“La Polizia Penitenziaria sventò un suo tentativo di suicidio anche quand’era detenuto nel carcere di Milano Opera”, prosegue Capece. E, citando un recente pronunciamento del Comitato di Bioetica sul suicidio in carcere, il leader del Sappe rileva: “Anche se l’atto di togliersi la vita contiene una irriducibile componente di responsabilità individuale, la responsabilità collettiva è chiamata in causa per rimuovere tutte quelle situazioni legate alla detenzione che, al di là del disagio insopprimibile della perdita della libertà, possano favorire o far precipitare la decisione di togliersi la vita. Il richiamo alla responsabilità sociale è rafforzato dalla considerazione della particolare vulnerabilità bio-psico-sociale della popolazione carceraria rispetto a quella generale (i detenuti sono più giovani, più affetti da malattie, più poveri, meno integrati socialmente e culturalmente)”.
“Ne deriva – conclude il leader del Sappe – il preciso dovere morale a ‘garantire un ambiente carcerario che rispetti le persone e lasci aperta una prospettiva di speranza e un orizzonte di sviluppo della soggettività in un percorso di reintegrazione sociale’; ma prima ancora a riconsiderare criticamente le politiche penali che siano di per sé causa di sovraffollamento, poiché così facendo si pongono direttamente in contrasto col principio di umanità delle pene”
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