Il presidente della Sestrieres Spa Brasso commenta: "Ce la metteremo tutta ma bisogna capire se ci sono i presupposti"
In un momento di poche certezze, una da oggi c’è: gli impianti sciistici rimarranno chiusi in tutta Italia fino al 14 febbraio. A partire dal 15 febbraio, poi, il Dpcm stabilisce che potranno aprire, ovviamente adottando le misure di sicurezza e anti-Covid necessarie. Ma è ancora da capire e da vedere se effettivamente i gestori degli impianti sciistici potranno effettivamente aprire. C’è da considerare che, visto il continuo rimandare dell’apertura, gli impianti di risalita hanno liberato da ogni impegno tutti gli addetti e i lavoratori stagionali, nell’attesa di sapere se effettivamente si potrà ripartire. Una volta appurato che così sarà, ci vorranno alcuni giorni per riavviare la macchina. Che poi, a quel punto, con davanti solo una quarantina di giorni, ne varrebbe la pena?
Giovanni Brasso, presidente della Sestrieres Spa, che gestisce lo sci sulla Vialattea, spiega a LaPresse che “noi ce la metteremo tutta per aprire anche dal 15 febbraio, ma bisogna capire se ci saranno i presupposti”. Perchè va bene ripartire, ma dipende da come, fra regole di sicurezza e anti assembramento. “Eravamo pronti per riaprire il 7, ci sono state 4 false partenze dall’anno scorso, ora non possiamo fare altro che aspettare e capire cosa ci diranno. Nella speranza ci possa essere una ripartenza in modo sensato”.
Ma, al netto del mondo dello sci, il perdurare dello stop forzato mette in ginocchio l’economia di tutti quei paesi di montagna che sul turismo invernale vivono. Lo sa bene il sindaco di Sestriere, Giovanni Poncet, che con LaPresse commenta il Dpcm spiegando che “ora la problematica si ingigantisce. Abbiamo già perso il 50-60% dell’economia invernale, così arriviamo all’80%”. E se l’estate è andata bene, meglio degli anni precedenti, questo non è sufficiente per risollevare le sorti del territorio. Neanche la possibilità, durante il periodo delle feste, di raggiungere la seconda casa all’interno della regione, secondo Poncet, ha cambiato molto la situazione: “Solo il 30% delle seconde case era occupato. Se la stagione invernale viene tagliata così, è insostenibile. Alcuni alberghi difficilmente riapriranno, i commercianti dovranno chiudere. E’ una tragedia che continuerà a pesare”. Al punto che, sottolinea il primo cittadino, “si è creato un volano negativo per il quale credo ci vorranno dieci anni per poter tornare alla situazione economica che avevamo a febbraio 2019”.
Soprattutto se si pensa alla grave perdita causata dal mercato straniero, con i tour operator che non stanno organizzando nulla, preoccupati dalla spada di Damocle di ulteriori chiusure: “Hanno deciso che è inutile programmare, non riescono a creare i gruppi. Credo che alcuni grossi alberghi non riapriranno neanche nell’estate del 2021”, precisa Poncet.
Ad aggravare la situazione, il rischio che i paesi di montagna si svuotino, non solo dei turisti ma anche dei residenti. “Stiamo tornando indietro – dice Poncet -, prima dell’arrivo del turismo qui la gente d’inverno partiva per andare a cercare lavoro in Francia. Si parlava di pastorizia. E poi, chi non ce la farà andrà via, ma anche in città lavoro non ce n’è. Cosa succederà?”. Più ottimista il sindaco di Bardonecchia, Francesco Avato, che al momento non vede un esodo dal suo paese, ma che sa bene che il rischio c’è se non ci sarà una ripresa veloce: “Se e quando si potrà raggiungere almeno la seconda casa in Regione, come a Natale, allora alcuni settori produttivi potranno tirare un sospiro sollievo. Se non ci sarà neanche questo scenario, la chiusura sarà completa”.
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