Il biologo Di Natale a LaPresse: "La temperatura media del Mediterraneo è di 28 gradi"

Il cambiamento climatico minaccia anche le acque dei nostri mari. “La temperatura media del Mediterraneo è di 28 gradi mentre i picchi della temperatura superficiale dell’acqua sono estremamente più alti. Questi ultimi stanno diventando molto problematici, in molti posti siamo arrivati addirittura a superare i 30 gradi. In molti punti del Mediterraneo la temperatura dell’acqua ha sfiorato picchi di 35 gradi, 34 gradi e mezzo. Il Mar Tirreno ha raggiunto abbondantemente i 32, 33 gradi”. Lo dice a LaPresse Antonio Di Natale, biologo marino e segretario generale della Fondazione Acquario di Genova spiegando che bisogna inoltre considerare anche che “la copertura di aree ad alto calore, che negli ultimi anni sono state molto estese riguardando addirittura periodo primaverili e invernali, quando l’acqua del Mediterraneo è molto più fredda. 

“L’aumento della temperature delle acque dei nostri mari “incide fortemente sull’ecosistema marino. Alcuni pesci infatti sono costretti a mutare le proprie condizioni di vita“, dice, spiegando come “alcune specie abituate a temperature minori tendono, quando possono, a raggiungere strati più profondi. Mentre altre si spostano perchè nei nostri mari trovano temperature più favorevoli, basti pensare alle specie tropicali che stanno allargando la loro area di distribuzione nel Mediterraneo. Sono specie entrate nell’ultimo secolo e che hanno un buon successo ecologico e competono con le specie del Mediterraneo, qualche volta sopraffacendole”, ha continuato il biologo. “In questo momento non abbiamo segnali di scomparsa di alcuni tipi di pesci ma solo segnali di sostituzione in alcune aree con altre che sono più adattate a queste temperature. Ci sono specie che traggono vantaggio dalla temperatura più elevata dell’acqua, mentre altri ne sono svantaggiati. Altra ancora trovano più posti per riprodursi, altre meno perché magari ci riescono ma la temperatura per le larve non è più idonea. È una situazione di una complessità enorme”, spiega Di Natale che non può basarsi su una “visione parziale perché servono tantissimi dati e di studi che necessitano di tanti ricercatori e di campagne estese ma gli stati spendono poco o non fanno ricerca marina. Bisognerebbe pensare che l’oceano condiziona il clima dell’intero paese. È una visione politica molto ottusa”. 

I cambiamenti climatici fanno sì che i nostri mari si popolino di specie che possono rappresentare un problema per il nostro ecosistema marino. È il caso del granchio blu che “in questo momento sembra favorito rispetto ad altre specie e che nel mare Adriatico sta creando problemi ad alcuni allevamenti di vongole”, spiega Di Natale. “Bisogna specificare che ne esistono due specie. La prima, quella in questo momento più diffusa, è di dimensioni abbastanza grandi e di solito si trova nell’Atlantico, è stata portato con le acque di zavorra delle navi. È un granchio fortemente combattivo e sta creando dei problemi”, ha continuato. Mentre il secondo tipo “è più piccolo di colore viola scuro e viene dal Mar Rosso. Era già arrivato nelle nostre acque negli anni 70, riuscendo a soppiantare i nostri granchi poi ha avuto un problema ambientale, ora invece sta ritornando”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata