Prima le minacce e gli insulti, poi il grande vertice tra i due leader in programma il 12 giugno a Singapore

L'uno chiamava l'altro "pazzo maniaco" e "rocket man". Il secondo replicava a tono: "Vecchio rimbambito". Sono passati pochi mesi da quanto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il leader nordcoreano, Kim Jong un, si scambiavano insulti e minacce e tenevano in ansia il mondo minacciando una guerra nucleare.

Alla vigilia dello storico vertice di Singapore, invece, l'evoluzione del rapporto tra Trump e Kim Jong un è uno degli sviluppi più inattesi dall'arrivo del miliardario alla Casa Bianca. Nessuno all'inizio dell'anno avrebbe scommesso su un faccia a faccia tra i due leader per discutere passi concreti per la denuclearizzazione della penisola.

Nel settembre del 2015, durante la campagna elettorale per le primarie presidenziali, Trump definiva Kim un "folle con le armi nucleari". In un successivo dibattito aveva promesso: "Farò sparire quel tizio molto velocemente". Già all'epoca, tuttavia, aveva ipotizzato di invitare il leader di Pyongyang negli Stati Uniti per discutere il disarmo della penisola coreana. Nel gennaio del 2017, dopo la vittoria alle presidenziali, ma prima di entrare ufficialmente in carica, Trump twittava: "La Corea del Nord ha dichiarato che è nello stadio finale dello sviluppo di armi nucleari in grado di raggiungere gli Usa: questo non deve accadere!".

Durante il primo anno alla Casa Bianca il tycoon ha iniziato poi ad assumere un atteggiamento sempre più duro e minaccioso nei confronti di Pyongyang, come mai nessuno dei suoi predecessori aveva fatto. Fino ad arrivare a minacciare "fuoco e furia, come il mondo non ha mai visto" se la Corea del Nord non avesse fermato i test missilistici. Il culmine della virulenza negli scambi si è raggiunto nel settembre 2017: in pochi giorni Trump ha annunciato che avrebbe "distrutto la Corea del Nord" in assenza di alternative, iniziando poi a chiamare Kim "rocket man" e "impegnato in una missione suicida". Insulti che hanno provocato la reazione da parte di Pyongyang, con le accuse a Trump di essere "mentalmente deviato" e "un vecchio rimbambito". L'escalation ha continuato a progredire anche nei mesi successivi, fino a un tweet del 2 gennaio 2018, in cui Trump più che mai è parso vicino a minacciare la guerra atomica: "Kim Jong Un ha detto di avere 'il bottone nucleare sulla scrivania tutto il tempo'. Qualcuno da quel regime esausto e affamato gli dica che anch'io ho un bottone nucleare, molto più grande e potente del suo, e il mio funziona!". Trump ha continuato a esercitare pressione sulla Corea del Nord, facendo intendere che la guerra sarebbe stata possibile. La tensione è salita ancora al punto di creare il panico quando il 13 gennaio si è diffusa la notizia, falsa, di un attacco missilistico sulle Hawaii.

La storia è cambiata bruscamente con le Olimpiadi invernali di Pyeongchang, in Corea del Sud. Kim ha dichiarato che il suo paese avrebbe partecipato ai Giochi sfilando durante la cerimonia inaugurale con la delegazione sudcoreana. Iniziativa che ottiene il consenso del presidente della Corea del Sud, Moon Jae in. La kermesse favorisce il disgelo tra le due Coree e spinge Trump a un'apertura: "Siamo disposti a parlare, ma solo alle giuste condizioni".

Il 27 aprile va in scena il primo, storico, incontro tra i leader delle due nazioni della penisola coreana lungo il 38esimo parallelo, nella zona demilitarizzata del villaggio di Panmunjom, per porre fine in modo formale alla guerra di Corea dopo 65 anni. Il 10 maggio viene annunciato il summit tra Kim Jong un e Donald Trump a Singapore. Due giorni più tardi Pyongyang rende noto che avvierà l'imminente smantellamento del sito di ricerca nucleare di Punggye-ri. Due settimane più tardi a sorpresa Trump twitta che il vertice di Singapore è cancellato a causa dell'"ostilità" non meglio definita di Pyongyang. Tutto rientra nel giro di pochi giorni, con un nuovo cinguettio del presidente Usa che conferma l'appuntamento per il 12 giugno: "Speriamo sia qualcosa di grande". 

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