'Enzareddu', come lo chiamava nonno Vincenzo, da domani avrà altri percorsi da inseguire

Il campione gentile cresciuto da bambino a granite (rigorosamente con la brioche) e bicicletta è sceso di sella. Vincenzo Nibali, o ‘Enzareddu’, come lo chiamava nonno Vincenzo, da domani avrà altri percorsi da inseguire, nuove prospettive da fissare in agenda e salite da scalare. A 37 anni, di cui 17 da professionista spingendo sui pedali con quella leggerezza orgogliosa che lo ha sempre contraddistinto, lo scricciolo infaticabile che gli amici del papà ribattezzarono affettuosamente la ‘Pulce dei Pirenei’ prima che diventasse – con una prima serie di vittorie – lo ‘Squalo’, ha celebrato la sua ultima corsa in carriera sulle strade del Giro di Lombardia, vinto dallo sloveno Tadej Pogacar per la seconda volta consecutiva. Il messinese, nel gruppo di testa fino a 20 chilometri dall’arrivo, quando sul Civiglio la gara ha fatto selezione, si è goduto la sua corsa senza trasformarla in una passerella. Ha faticato e spinto sui pedali, come ha fatto per tutta la stagione, fin da quando, alla vigilia del Giro d’Italia, annunciò il suo addio alle corse al termine dell’annata. E’ arrivato 24/mo ma con un sorriso largo così, senza rimpianti, avvolto dal calore del pubblico che ha voluto esserci per tributargli gli onori di una carriera da sogno e ringraziarlo delle emozioni che è riuscito a dispensare per quasi due decenni. Fine del viaggio, ora si svolta e si ricomincia. Ha salutato con gli occhi il suo pubblico senza che l’emozione lo travolgesse. “E’ stata una gara velocissima, corsa a ritmi molto alti. Mi sono goduto la corsa e il pubblico, le gambe sono arrivate dove potevano fino al Civiglio. Emozionato? Ho avuto modo di scaricarla durante tutto quest’anno. Per fare risultato oggi bisognava essere al top? Non ho nessun rammarico. Un erede? Italiano non ancora, ma c’è Pogacar, un ragazzo di un talento incredibile. Quest’oggi ha vinto il Lombardia alla grande. Per quanto riguarda eredi italiani ci sono tanti giovani talentuosi che stanno crescendo ma per una corsa a tappe bisogna aspettare ancora un po'”, ha aggiunto a fine gara il messinese, all’ultima recita in compagnia di un altro big come Alejandro Valverde.

Nibali mancherà e il movimento ciclistico italiano lo sa bene. Perché lo ‘Squalo’, che ha nuotato senza sosta ‘strappando’ successi e trionfi, ha fatto la storia delle due ruote, nazionali e non. E’ uno dei sette corridori (in compagnia di Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Felice Gimondi, Bernard Hinault, Alberto Contador e Chris Froome) ad aver conquistato almeno un’edizione dei tre Grandi Giri: la Vuelta nel 2010, due volte la Corsa rosa (2013 e 2016) e il Tour de France 2014. E nel suo palmarès anche due Lombardia (2015 e 2017), la Milano-Sanremo (2018), due titoli italiani nella prova in linea (2014 e 2015), due Tirreno-Adriatico (2012 e 2013) e sette podi complessivi nei tre Grandi Giri. In totale 54 successi in carriera, di cui 14 vittorie di tappa tra Giro (7), Vuelta (1) e Tour de France (6). Solo una sterzata improvvisa del destino gli ha negato la gioia ‘imperitura’ dell’oro olimpico nella prova in linea quando ai Giochi di Rio, dopo una gara perfetta, scivola in discesa su una curva a 11 chilometri dal traguardo dall’arrivo mentre stava viaggiando in testa. Clavicola rotta e sogno spezzato.

La sua impresa più grande al di là delle vittorie nei grandi giri fu la Milano-Sanremo del 2018 grazie all’attacco sulla salita del Poggio a 7 km dal traguardo di Via Roma. L’ultimo, grande successo di una carriera da leggenda. Il campione che da Messina a 15 anni si trasferì in Toscana, nel team Mastromarco, accolto come un figlio dalla famiglia Franceschi, fondametale nella sua crescita, non solo sportiva, dopo tanti successi tra juniores e dilettanti iniziò a farsi notare nel 2004 quando ai Mondiali di Verona fu terzo nella prova a cronometro e quinto in quella in linea. Da lì la sua storia ha preso a scrivere pagine splendide che hanno infiammato il pubblico. Ora ne scriverà un’altra, provando magari a trovare il suo erede. L’Italia aspetta.

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