Milano, 5 giu. (LaPresse) – Gli 883 tornano a essere un duo, almeno per un video. Max Pezzali e Mauro Repetto, a vent’anni da ‘Hanno ucciso l’uomo ragno’ si sono ritrovati per la riedizione del loro esordio. “Buttiamo giù idee, l’abbiamo sempre fatto. Abbiamo ricominciato a ragionare insieme, chi lo sa”, racconta Max Pezzali a Vanity Fair in edicola da domani. Nell’intervista i due amici ripercorrono la storia del gruppo e della rottura. “Quando Mauro mi ha detto ‘Max io parto, vado a Miami, mi sa che non torno’, io ho pensato al racconto I Langolieri di Stephen King, dove si parla di quei pesci degli abissi che sopravvivono solo in condizioni ostili: senza luce e schiacciati da una pressione fortissima. A lui era successa la stessa cosa – racconta Pezzali – finché stavamo nella nostra cantina a comporre e suonare, finché anche noi eravamo schiacciati dalla pressione fortissima dell’incertezza, è stato bene. Poi il successo ci ha risucchiati verso l’alto e lui ha sentito che non si teneva più insieme. Come potevo dirgli: rimani?”.

“Non ero all’altezza della situazione – racconta Repetto – giù dal palco eravamo 50 e 50, portare questa collaborazione sulla scena era impossibile, e allora io, mentre Max cantava, saltavo perché non potevo fare altro. Quando siamo arrivati a giocare in Serie A, non ne avevo la capacità né soprattutto la maturità. La mia fragilità estrema ha aperto la via ai brutti incontri. Mi sono circondato di persone sbagliate, sono andato alla deriva”. Repetto decide di andare negli Stati Uniti. “Mi ero innamorato di una modella, Brandy, vedendola su un giornale – racconta – vado a Miami con uno che lavorava all’Hollywood, che potrebbe presentarmela. Brandy la conosco, ma non mi caga minimamente, e allora dopo sei mesi torno in Italia con due compositori neri americani che fanno risse tutte le sere”. Quindi il trasferimento a Parigi. “A un certo punto salta fuori che a Disneyland Parigi cercano un cowboy: il posto è mio. Adesso non faccio più il cowboy, organizzo eventi speciali”.

Per Max fu una perdita di un amico e di un sodale. “L’unico mio dolore riguardo a quella sua scelta è che all’inizio, senza di lui, non mi divertivo assolutamente più a fare musica. Sentire l’accordo della chitarra nel silenzio mi dava l’ansia”. Negli anni si sono incontrati sporadicamente, “Un paio di volte – racconta Repetto – ma ancora non eravamo pronti a parlare una lingua comune. è successo a novembre dell’anno scorso, a Parigi. Solo lì ho ritrovato il mio migliore amico. Ci eravamo dati appuntamento in un ristorante: abbiamo cenato senza toccare cibo, solo parlando, dalle otto a mezzanotte”.

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