Un lavoro che racconta la sua doppia personalità, che fa incontrare la sua forza e la sua debolezza

Timido, ma estroverso. Riservato, ma grande comunicatore. Classico, ma rock. Sono le tante anime di Giovanni Allevi: compositore e pianista che come pochi altri riesce a portare la musica sinfonica al grande pubblico. Merito sicuramente del suo modo serio e allo stesso tempo leggero di abbattere le barriere fra due mondi musicali, ma anche della sua immagine sempre sorridente e decisamente meno impostata rispetto a tanti colleghi.

Una doppia personalità con cui, però, si è trovato a fare i conti. E come riuscirci meglio che con la musica? Così nasce 'Equilibrium', il suo nuovo lavoro, che arriva come risultato di un delicato e complicato momento personale. Proprio per andare alla ricerca di quell'equilibrio, Allevi per più di un anno si è trasferito in un'isola deserta dell'Atlantico. Un luogo di cui non vuole rivelare il nome, perché "tutti dobbiamo avere una nostra isola segreta".

C'è un momento preciso che lo ha spinto ad una scelta così drastica: "Due anni fa – racconta – ho capito di aver perso l'equilibrio. L'episodio scatenante è stato accorgermi di non essere in grado di allacciarmi una scarpa reggendomi su un solo piede. In quel momento ho realizzato di aver perso l'equilibrio in molte sfere della mia esistenza: nell'alimentazione, nel rapporto sonno-veglia, nella comunicazione e anche nella composizione musicale. Ho percepito che era arrivato il momento di cercare l'isolamento totale".

Non solo dalla frenesia del mondo moderno, dai rumori e dalla tecnologia, ma davvero da tutto: "Ho cercato un luogo dove non ci fosse assolutamente nulla". Neanche il suo amato pianoforte, tanto che tutte le composizioni sono state scritte senza mai eseguirle, tracciando le note solo ed esclusivamente sullo spartito. Neanche in seguito Allevi ha suonato le sue composizioni, visto che le ha affidate alle abili mani di Jeffrey Biegel che verrà ad eseguirle in Italia, diretto dal Maestro Jeffrey Reed, il 15 novembre al Teatro dal Verme.

A tenere compagnia a Allevi sulla sua isola, la lettura, soprattutto sugli studi di meccanica quantistica: "Quei fisici – commenta – avevano una follia che oggi non vedo più. La vedo solo in relazione alla violenza, ma non alla conoscenza, alla creatività, alla ricerca scientifica". Dopo il ritorno nel frenetico mondo moderno, Allevi ha subito un duro colpo alla salute che però lo ha in qualche modo arricchito.

A giugno scorso, a causa di un distacco della retina, ha subito una operazione d'urgenza in Giappone: "All'isolamento, si è aggiunto il buio. Ora il mio campo visivo è notevolmente ridotto. Mi affido di più al tatto, all'udito, all'olfatto. Più in generale all'intuito. Mi accompagna nel ritorno alla civiltà. Non voglio dimenticare questo modo di sentire. Non voglio farmi trascinare da flusso impetuoso di immagini e frasi a cui siamo continuamente sottoposti". Alla fine di questo isolamento coatto, che, racconta, è stato compreso dalle persone che lo circondano e dalla famiglia come una vera necessità, in qualche modo Allevi ha anche ridefinito la sua idea di equilibrio: "Non credo di averlo trovato, ma il meglio di me l'ho sempre dato quando l'ho perso. Il concetto di equilibrio per me non è la pace statica, zen, ma uno stato dinamico e complicato in cui siamo percorsi da forze contrastanti".

Il punto di incontro, Allevi lo ha dovuto anche trovare fra le sue due anime, come si vede nella copertina del disco in cui viene tirato da una parte da un se stesso vestito da direttore d'orchestra e dall'altra dalla sua versione più rock ("il black bloc che avrei sempre voluto essere ma sono un secchione e non sono riuscito a esprimerlo"): "Questi due che ancora mi tormentano – ride -. Se ho creato una spaccatura, voglio che sia chiaro che è insita dentro di me. È quello che si agita nel mio cuore. Devo fare i conti con queste due anime che non comunicano fra loro, tormentano solo me. Probabilmente non ci sarà una pacifica soluzione al conflitto. Ma il risultato dello scontro è questa musica, quindi va bene così".

Una musica che, in fondo, racconta la vita, la sua vita. E il modo in cui le note escono dal profondo di Allevi è evidente mentre fa ascoltare uno dei suoi nuovi brani: 'No words', scritto il giorno dopo il terremoto in centro Italia del 2016 mentre si trovava nella sua casa di Ascoli Piceno. Si capisce bene come la musica sia generata dalle sue stesse emozioni, tanto che nell'ascoltarla ha la pelle d'oca: "Qui il pianoforte simula l'onda sismica – spiega a occhi chiusi mentre risuonano i tasti bianchi e neri – gli archi invece creano la melodia del dolore che pian piano cresce. Per chi ha vissuto il terremoto, è straziante ascoltare questa musica. E' una vibrazione che non si dimentica facilmente. Comporre è stato un istinto immediato, come se il dolore e l'angoscia che stavo provando per la mia gente fosse nascosto in fondo al cuore. Attraverso la musica la mia emotività ha potuto esprimere il grido. Nell'ultima nota – dice indicandola, come se fosse un oggetto – c'è un accordo maggiore che racconta la speranza per il futuro e il calore della solidarietà".

Tutta questa emotività, rende Allevi fragile e forte al tempo stesso: "Ho capito che probabilmente non devo proteggermi ma farmi attraversare dalla vita e dalle sue difficoltà. Voglio vivere intensamente, anche se mi porta a notti insonni e qualche attacco di panico".

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