Un provvedimento che vede tra le misure principali la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, il daspo per i corrotti e obblighi più stringenti di rendicontazione per partiti, movimenti politici e fondazioni e associazioni a essi collegate

Lo Spazzacorrotti è legge. Come annunciato dal premier Giuseppe Conte, il disegno di legge bandiera del Movimento 5 Stelle vede la luce prima di Natale (con un mese di anticipo rispetto alla tabella di marcia stabilita in precedenza) e dopo aver passato indenne anche la terza lettura alla Camera. Senza peraltro l'utilizzo della fiducia.

Tutte le misure

La maggioranza, di fatto, ritrova unità e compattezza e lo fa proprio sul testo che, sempre a Montecitorio, aveva rischiato di farla saltare. Con 304 sì e 106 no, il ddl potrà essere quindi celebrato dal Movimento 5Stelle il 22 dicembre in piazza. Un iter travagliato, quello dell'anticorruzione, già dal primo esame in Senato. Contrastato dalle opposizioni, con prima linea Forza Italia e Pd, e guardato con diffidenza dalla Lega, il testo trova però le maggiori difficoltà proprio alla Camera.

Un lunghissimo e complicatissimo braccio di ferro tra i soci dell'esecutivo, si consuma prima nelle commissioni Giustizia e Affari costituzionali sulla prescrizione. I pentastellati, infatti, inseriscono, a sorpresa, nell'articolato la riforma dell'istituto, facendo saltare sulla sedia il Carroccio. Si susseguono così giorni di tensioni nella maggioranza, con il contratto pronto ad esplodere. La rottura viene appena sfiorata, con Salvini e Di Maio che trovano l'accordo: stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio, ma a partire dal 2020 e collegata a una riforma del processo penale.

La maggioranza però si incarta di nuovo e questa volta sulla soglia dei 500 euro (voluta dai 5Stelle) oltre la quale il nome dei donatori a partiti o movimenti politici devono essere resi noti e pubblici. La Lega invece rilancia a 2000 euro. Anche qui, per sbloccare l'impasse, serve l'intervento dei due vicepremier e un accordo di governo. Pace fatta? Neanche per sogno. Il ddl approda in aula e su un emendamento a firma di Catello Vitiello (ex pentastellato oggi nel Misto) che depotenzia il reato di peculato il governo viene battuto nel segreto dell'urna. La norma passa e i nervi saltano. Uno scherzo della Lega?

Una vendetta? O semplicemente un errore di percorso? La crisi è palpabile, le schermaglie nel governo giallo-verde si fanno pesanti e coinvolgono anche il ddl anticorruzione, che diventa solo uno dei nodi su cui il governo sembra essere sempre in bilico. L'intervento di Conte e la mediazione tra i due litiganti porta all'accordo di governo: la modifica, si stabilisce, sarà corretta in Senato, con un testo praticamente blindato e con l'impegno del Carroccio ad approvarlo prima di Natale alla Camera. Così è stato.

Un esame-lampo riporta il testo a Montecitorio, che lo esamina solo nella parte modificata a palazzo Madama. La maggioranza stringe un patto di ferro: nessuno scherzo e niente fiducia. In cambio il voto compatto sul 'no' alla firma sul Global Compact. E L'anticorruzione è legge, ma la Lega neanche questa volta esulta. 

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