Così il Guardasigilli rispondendo a un'interrogazione sul 'caso Apostolico'

Reintrodurre per le toghe il divieto di comportamenti che, anche al di fuori dell’esercizio della funzione, possano minare il decoro del ruolo o che possano anche solo apparire come lesivi dell’imparzialità del giudice. Dopo il caso di Iolanda Apostolico, questa l’ipotesi lanciata dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, replicando a un’interrogazione del senatore di FI, Maurizio Gasparri, che chiedeva al Guardasigilli di esprimersi in merito al caso del magistrato del Tribunale di Catania: la stessa che non ha convalidato il fermo di tre migranti tunisini, disapplicando il dl Cutro, e immortalata in alcuni video mentre prendeva parte alla manifestazione al porto di Catania dell’agosto 2018 con cui si chiedeva lo sbarco dei migranti bloccati sulla nave Diciotti.

Nel testo, visionato da LaPresse, Nordio scrive che ‘al fine di evitare il ripetersi di situazioni analoghe a quella in esame, resta tema centrale l’eventuale reintroduzione nel nostro ordinamento (anche con una diversa modulazione pienamente aderente al principio di tipicità degli illeciti disciplinari), tra i doveri del magistrato, del divieto di ‘tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione giudiziaria’ (divieto sancito dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 109 del 2006, comma poi abrogato dall’art. 1, comma 3, della legge n. 269 del 2006), con la seguente previsione, quale illecito disciplinare extrafunzionale, del divieto di tenere ‘ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza’ (illecito disciplinare previsto dall’art. 3, comma 1, lett. l), del decreto legislativo n. 109, poi abrogato dall’art. 1, comma 3, della legge n. 269 del 2006)’.

Nel testo il Guardasigilli invoca ‘un’attenta riflessione nella consapevolezza della fondamentale importanza del valore dell’imparzialità di chi è chiamato a svolgere le delicatissime funzioni giurisdizionali, imparzialità che deve essere non soltanto effettivamente sussistente ma anche declinarsi sotto il profilo della sua apparenza’. In quest’ottica, il ministro della Giustizia ricorda che ‘di recente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato che ‘la responsabilità sociale che caratterizza la funzione giudiziaria impone anche il serio rispetto della deontologia professionale e sobrietà delle condotte individuali. L’imparzialità della decisione va, infatti, tutelata anche attraverso la irreprensibilità e la riservatezza dei comportamenti individuali, così da evitare il rischio di apparire condizionabili o di parte. È un aspetto particolarmente importante per ogni istituzione della Repubblica in questa stagione nella quale la preziosa moltiplicazione dei canali informativi presente anche il rischio di trasmettere l’apparenza di realtà virtuali”

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