In Parlamento riprende l'iter della proposta di legge sul suicidio assistito

 “Non possiamo evitare la morte, e proprio per questo, dopo aver fatto tutto quanto è umanamente possibile per curare la persona malata, risulta immorale l’accanimento terapeutico”. Lo ha detto Papa Francesco nel corso dell’Udienza generale del mercoledì in Aula Paolo VI. “Dobbiamo essere grati per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare, affinché attraverso le cosiddette “cure palliative”, ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella maniera più umana possibile. Dobbiamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano all’eutanasia”. 
 “Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare il suicidio assistito – ha aggiunto -. Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati. Infatti, la vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti”.

Un intervento e una posizione ferma ribadita dal Pontefice quando in Parlamento riprende l’iter della proposta di legge sul fine vita, due mesi dopo l’ultimo dibattito e rinvio in un aula semi deserta e ad una settimana dalla data del 15 febbraio, quando sarà la Corte costituzionale a dovere discutere e quindi pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum sull’eutanasia legale insieme a quelli su cannabis e giustizia. Oggi a Montecitorio inizia forse già a il voto sugli oltre 200 emendamenti, la maggior parte del centrodestra che punta a restringere le maglie della legge.

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