Il governo convoca tavolo con sindacati lunedì al Mef: "Non siamo ascoltatori e osservatori. Se pensano di convocarci per informarci di quello che ha deciso, è meglio che non ci chiamino"

È atteso per lunedì il confronto tra governo e sindacati sulla riforma fiscale. L’appuntamento è al dicastero dell’Economia, guidato dal ministro Daniele Franco, alle 19. L’incontro arriva dopo il discusso accordo raggiunto in maggioranza sulla destinazione degli 8 miliardi stanziati per il fisco in manovra – 7 all’Irpef con la riduzione da 5 a 4 delle aliquote, uno all’Irap – e il malcontento suscitato nei sindacati ma anche in Confindustria.

Poco prima dell’invito al Tesoro, dalla manifestazione unitaria di Roma, si è levata la voce del segretario generale della Cgil Landini: “Se il governo pensa di convocarci per informarci di quello che ha deciso, è meglio che non ci convochi. Perché noi non siamo degli osservatori o degli ascoltatori ma siamo soggetti che hanno in testa un’idea diversa di questo paese”, il suo messaggio. Partendo dal presupposto che “servono molto più di 8 miliardi” se si “vuole fare una riforma vera“, il segretario ha sottolineato la necessità che questi “comincino ad aumentare i redditi da lavoro e da pensione, a partire da quelli più bassi”. Sul fronte Cisl, Sbarra, dopo avere salutato positivamente la mossa del governo, ha ricordato che “ridurre le tasse per i lavoratori e i pensionati è il nostro obiettivo nel quadro di una riforma equa e complessiva che renda strutturale il taglio su lavoro e pensioni”.

Confidustria, attraverso il presidente, Carlo Bonomi, torna a esprimere perplessità sull’intesa raggiunta dall’esecutivo, sottolineando che “tante cose” non funzionano. “Se prendiamo l’Irpef – spiega Bonomi in un’intervista al Corriere della Sera – non c’è un reale sostegno alle fasce più deboli mentre lo sconto maggiore si concentra sulla fascia di reddito tra 40 e 45mila euro. Per le imprese non c’è nulla. Anzi, nel resto della manovra ci sono una serie di interventi che minano la crescita delle aziende”. Tra questi, secondo l’associazione di categoria, figurano il decalage su Transizione 4.0, l’abolizione del patent box, la modifica del riallineamento patrimoniale degli asset delle imprese. Nell’idea di Bonomi, sarebbero necessari 13 miliardi e le risorse per trovare gli altri 5 ci sarebbero “se ci fosse la volontà di andare nella direzione giusta” cioè “quella di un taglio del cuneo riducendo di due terzi i contributi a carico dei lavoratori e di un terzo quelli sulle imprese. In questo modo il beneficio sarebbe universale, si alzerebbe il netto in busta paga, spingendo la domanda, e si ridurrebbe il costo del lavoro migliorando la competitività, tanto più che ora le imprese manifatturiere sono gravate dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia. Se poi si volesse essere ancora più selettivi, il taglio del cuneo si potrebbe concentrare su giovani e donne”, lamentando invece un piazzamento delle risorse su prepensionamenti e reddito di cittadinanza.

Dalla Cgia arriva un commento positivo insieme all’invito a fare di più. “Con 7 miliardi di Irpef in meno – commenta – e la riduzione di un miliardo di Irap, gli artigiani mestrini ricevono una risposta in linea con la posizione assunta in questi mesi”. Tutto questo “non è ancora sufficiente” e l’associazione “confida nella legge delega affinché l’esecutivo riduca ulteriormente le imposte, contribuendo a portare la nostra pressione fiscale in linea con la media europea”.

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