Botta e risposta tra Conte e il Carroccio. Esultano Letta e Renzi

E’ stata durissima, ma la riforma Cartabia ora è su un sentiero tranquillo. Arrivarci è stata, però, un’impresa ‘muscolare’, perché la giustizia ha letteralmente spaccato la maggioranza. A partire dal M5S, che ha tenuto sulla corda per giorni l’esecutivo pur sapendo perfettamente che il testo del ddl processo penale non si poteva stravolgere. E così è stato, per stessa ammissione del leader in pectore, Giuseppe Conte, che ha parlato di “miglioramenti”. L’ex premier porta a casa il risultato di vedere imprescrittibili i processi per reati collegati all’articolo 416 bis e ter, quelli per mafia, e quelli collegati al terrorismo. L’intesa sembrava fatta, con il sostanziale via libera anche alla proposta della Lega di aggiungere anche i processi per traffico di droga e violenza sessuale aggravata nella lista di quelli che avranno un canale dedicato, senza rischio di estinzione. Perché i Cinquestelle, mentre ai ministri venivano consegnati i testi delle riformulazioni degli emendamenti, rilanciano chiedendo di allargare il perimetro anche ai fatti che rientrano nella sfera dell’aggravante mafiosa.

La trattativa si riapre, mentre Conte è in cabina di regia dalla Camera, a pochi passi da Palazzo Chigi. Nel frattempo parte la convocazione del Cdm, che subisce diversi stop and go nella giornata, mentre i ministri pentastellati, Stefano Patuanelli e Federico D’Incà, fanno la spola tra la sala del Consiglio dei ministri e gli uffici del gruppo di Montecitorio. La situazione è tesa, quasi oltre il livello di guardia, perché dal Movimento filtra l’ipotesi che i ministri possano astenersi, anche se non tutti sembrano d’accordo su questa linea che aprirebbe un solco con l’esecutivo.

L’ennesimo impasse – raccontano diverse fonti parlamentari – quando l’accordo era praticamente chiuso non lascia indifferente nemmeno Mario Draghi. Il premier vuole chiudere questa partita, che nel frattempo blocca i lavori della commissione Giustizia (rimasta senza pareri del governo e quindi paralizzata), dunque, a cascata l’approdo in aula della riforma. La conferenza dei capigruppo di Montecitorio viene convocata, ma anche lì nessuno sa che cosa fare se prima non arriva la fumata bianca da Chigi, così sul tavolo viene lasciata l’ipotesi di far slittare tutto a domenica.

La mediazione si fa sempre più pressante, poi nel tardo pomeriggio qualcosa accade e tutto si sblocca. Grazie al lavoro dei pontieri, come Luigi Di Maio, che nel meticoloso e paziente lavoro di intermediazione con i suoi riporta la tensione a livelli gestibili, strappando un accordo che tutti accettano. Così come nel mondo dem è il capodelegazione, Dario Franceschini, a dare una mano per rasserenare gli animi. Nel primo pomeriggio, infatti, esce da Palazzo Chigi e se ne perdono le tracce. Voci incontrollate dicono che sia alla Camera, dove c’è anche Conte, ma nessuno dello staff Pd lo vede (anche se qualcuno si lascia scappare un sorrisetto che vale come il naso di Pinocchio). Anche se nessuno conferma il blitz, il risultato è che l’intesa arriva. E il primo a presentarsi davanti alle telecamere per rivendicare il successo è proprio il futuro presidente M5S: “E’ stata una giornata impegnativa”, esordisce Conte. “Non è la nostra riforma, ma abbiamo lavorato costruttivamente per dare un contributo a migliorarla. Abbiamo detto non possiamo transigere sui processi per mafia e terrorismo. È il risultato che abbiamo ottenuto. I processi per mafia e terrorismo non si dissolvono nel nulla, non si estinguono”.

L’ex ‘avvocato del popolo’ punta anche il dito contro la Lega, accusandola di aver condotto una “dura, durissima battaglia per quanto riguarda tutti i processi collegati alla mafia. Devo dirlo pubblicamente, sono rammaricato”. La risposta del Carroccio, che comunque esprime soddisfazione per l’intesa, non si fa attendere: “Il Movimento 5 Stelle è a lutto per il superamento della riforma Bonafede e inventa falsità”. Esulta anche Enrico Letta sui social, così come Matteo Renzi: “Il caro estinto è la riforma Bonafede che non c’è più”. La giustizia penale, dunque, è uno scoglio superato. Ma nelle prossime settimane andrà verificato se le scosse di questi giorni avranno lasciato crepe, e di che entità, nella maggioranza.

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