Da questo pomeriggio via al secondo giro di consultazioni

Fare presto, fare bene. La mission di Mario Draghi è ben chiara, il presidente incaricato si è preso la domenica ‘libera’ per tirare le somme necessarie dopo il primo giro di consultazioni, nel quale è entrato senza numeri e ne è uscito con una maggioranza ben più ampia di quella cosiddetta ‘Ursula’. I sì di Lega e Movimento 5 Stelle (dopo quelli di Partito democratico, Forza Italia, Europeisti, Maie, Cambiamo!, Idea, Centro democratico e Italia viva) certamente mettono in sicurezza il prossimo governo, ma aprono fibrillazioni che starà al presidente incaricato stroncare sul nascere.

 Dopo un primo giro di consultazioni più approfondite, con spazi larghi per ascoltare progetti e aspettative delle forze parlamentari, Mario Draghi riparte oggi con una seconda tornata di incontri, stavolta a ritmi più serrati, per spiegare qual è il suo piano di azione in vista della formazione del governo. Lo schema è sempre lo stesso: si parte dalle componenti e si chiude, domani, con il gruppo più numeroso. Un quarto d’ora ai primi, mezz’ora ai secondi.

Ad aprire il calendario, oggi dalle 15 alle 15.15 sarà il gruppo Misto della Camera con le Minoranze linguistiche. A seguire, dalle 15.30 alle 15.45 toccherà a Maie e Psi della Camera. Poi pausa di quindici minuti e si riprenderà dalle 16 alle 16.15 con Azione e +Europa-Radicali italiani. Alle 16.30 Draghi vedrà le componenti minori del centrodestra: Noi con l’Italia di Maurizio Lupi, Usei, Cambiamo! con Giovanni Toti, Alleanza di centro e Idea di Gaetano Quagliariello. Alle 17 sarà il turno di Centro democratico-Italiani in Europa, fino alle 17.15 e, infine, dalle 17.30 alle 18 entreranno nelle sale della Camera allestite per le consultazioni i rappresentanti delle Autonomie (Svp, Patt, Uv) del Senato.

Nel Pd si è già aperta la temuta fase ‘pre-congressuale’, ovvero la richiesta di un vero Congresso per stabilire se la gestione della crisi di Nicola Zingaretti e del suo gruppo dirigente sia stata all’altezza delle aspettative. Il segretario nazionale, infatti, aveva posto come unico paletto quello di “non mischiare” i voti dem con quelli dei sovranisti. L’apertura di Matteo Salvini ha scompaginato i piani, e di certo non si può chiedere a Draghi di respingere o rifiutare l’offerta di collaborazione del Carroccio. Specialmente dopo il ritrovato europeismo del suo leader. Zinga prova a chiuderla così, allora: “Salvini ha dato ragione al Pd”.

Restando nell’area ‘dello sviluppo sostenibile’, come ha definito Giuseppe Conte l’alleanza tra democratici, M5S e Leu, anche in casa Cinquestelle l’aria resta frizzante, visto che Alessandro Di Battista non si è lasciato convincere nemmeno dall’intervento di Beppe Grillo a cambiare idea su Draghi. E con lui una pattuglia di circa 10 senatori (ma il numero potrebbe essere molto più basso) e 15 deputati, poco convinti di dare il proprio voto a quello che il ‘pasionario’ definisce “l’apostolo delle élites”. Faranno buona compagnia a Giorgia Meloni, sempre più decisa a non concedere la fiducia all’esecutivo anche se FdI è pronto a votare ogni provvedimento che servirà al Paese.

Sul tavolo del presidente incaricato, che intanto incassa l’endorsement del suo successore alla Bce, Christine Lagarde (“Ho piena fiducia che sarà all’altezza della sfida: far ripartire l’economia italiana, con l’aiuto dell’Europa”), resta il dossier parti sociali. Molto probabilmente incontrerà i sindacati mercoledì mattina, prima di salire al Colle. Il numero uno della Cgil, Maurizio Landini, vuole “un nuovo Statuto dei lavoratori” e “partecipare al cambiamento del Paese”. Buone speranze in Draghi le ripone anche Annamaria Furlan, la leader Cisl che assicura: “Andremo all’incontro con spirito molto positivo, dobbiamo tutti responsabilmente collaborare per creare condizioni di favore al nostro Paese, a favore dell’occupazione, della salute, dei cittadini e delle cittadine”.

Molto dipenderà da quale formula individuerà l’economista per il suo governo: ad oggi il mix tecnici-politici sembra l’ipotesi più accreditata. Ma i quattro nomi per i settori nevralgici indicati dal Quirinale (salute, economia, sviluppo economico, lavoro e Recovery fund) è molto probabile che li scelga fuori dall’arco parlamentare. Tirata anche quest’altra riga, si tratterà di capire chi far entrare: solo i leader, personalità di primo piano dei partiti o esperti di area. A Draghi l’ardua sentenza. Ma le lancette corrono e, come il presidente incaricato sa benissimo, il tempo è denaro. Soprattutto per l’Italia.

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