Il premier in Aula: "Il governo si impegnerà a promuovere una riforma di impianto proporzionale, quanto più possibile condivisa"

L’ultima apparizione parlamentare risale al 10 settembre scorso: la commissione Affari costituzionali della Camera adotta il testo base di revisione dell’Italicum, appena in tempo per consentire al Pd di rivendicare l’apertura del cantiere delle riforme prima dell’ok definitivo al referendum per la riduzione del numero degli eletti. Da allora, complice anche lo strappo di Italia viva in materia, la legge elettorale è sparita dai radar.

A rimetterla al centro dell’agenda politica è ora Giuseppe Conte. Il premier sa che, sul tema,il Pd lo aspetta al varco. Per Nicola Zingaretti è uno di quei “punti di programma fondativi dell’alleanza non rispettati”. I Dem insistono da mesi per ‘correggere’ l’Italicum in fatto di mancata rappresentanza, specie dopo la riduzione del numero di deputati e senatori.

Andare al voto con l’attuale sistema elettorale avvantaggerebbe la destra e non premierebbe eventuali coalizioni di centrosinistra. Anche il M5S la riforma deve ripartire. Non è solo agli alleati attuali, però, che parla il premier. Conte sa che sul tema ascoltatori interessati sono i centristi, dall’Udc a quella parte di FI distante dall’alleanza sovranista di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Il ‘segnale’ in aula è chiaro: “In materia di legge elettorale il Governo, nel rispetto delle determinazioni delle forze parlamentari, si impegnerà a promuovere una riforma di impianto proporzionale, quanto più possibile condivisa”, scandisce. Sul dossier riforme, insomma, sarà direttamente palazzo Chigi ad assumere l’iniziativa. Chi ha orecchie “volenterose” per intendere intenda, insomma.

La partita, però, non è affatto semplice. Il testo base adottato in commissione prevede un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. Gli alleati sono già pronti a rivedere al ribasso (“almeno al 4%”) la percentuale di voti necessaria perché un partito entri in Parlamento, ma il problema numeri esiste. Nella prima commissione di Montecitorio, allo stato attuale, una maggioranza attorno al proporzionale “non esiste”. E’ se è vero che la composizione dovrà variare in base alle variazioni in atto e a quelle “futuribili” degli schieramenti politici in Aula – “il Centro democratico di Tabacci è cresciuto e dovrebbe avere un componente, se alcuni deputati Iv torneranno al Pd i renziani dovranno lasciare un posto”, si ragiona – è anche vero che poi in Aula, alla Camera e soprattutto in Senato, con i voti segreti potrà succedere di tutto. Meglio aspettare di “avere numeri solidi”, è il ragionamento, “anche se la volontà politica c’è”. La riforma della legge elettorale, insomma, è di nuovo sul tavolo, ma – scommettono in tanti – “se ne parlerà a fine legislatura, se il Conte due ci arriva”.

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