Il risultato elettorale porta il centrodestra alla guida di 15 regioni, espugnando la più che ventennale roccaforte rossa delle Marche. Eppure, guardando i risultati, sono più le bombe pronte a esplodere che i tappi di spumante da far saltare. Giorgia Meloni porta per mano il suo partito, che cresce, e lo rivendica senza peli sulla lingua, ai danni della Lega che invece perde consensi rispetto alle Europee del 2019 un po' ovunque. L'operazione Sud, insomma, se non è un totale fallimento è comunque compromessa, con Matteo Salvini 'accusato' anche dalla base di aver puntato tutte le sue fiches sulla Toscana, ripetendo l'errore dell'Emilia Romagna.

La spallata al governo Conte, anche se Salvini non l'aveva mai annunciata, ma auspicata, non c'è stata. E se da un lato il fiato sul collo di Meloni si fa sempre più insistente, dall'altro Salvini deve vedersela con la spaccatura interna al Carroccio, dove i pro-Zaia aumentano, soprattutto ora che la sua lista ha doppiato quella della Lega. Il governatore, arrivato al un tris tutto personale in Veneto, non vuole mischiarsi con 'affari nazionali', pur dovendosi scontrare con numerosi militanti che lo vedono come leader naturale. Anche la presidente di FdI continua a ripetere che leadership del centrodestra è un tema che non l'ha mai appassionata e che "il nostro interesse è che crescano tutti i partiti della coalizione. L'obiettivo finale è arrivare al governo della nazione.Non vogliamo crescere a scapito dei nostri alleati, ma a scapito dei nostri avversari".

La rivalità c'è ed è palpabile. FdI deve fare i conti con la sconfitta in Puglia e con risultati che, tirando le somme al Sud, non sono quelli che ci si aspettava. Per ora la sfida è ancora tutta da giocare con la prospettiva che da qui alle politiche uno dei due dovrà primeggiare, ma per ora è il Capitano a guidare il centrodestra, il problema è capire se resterà in vita a qui al 2023.Quello che preoccupa di più e su cui i due leader non si esprimono è lo stato di salute di Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi ha subito una vera e propria debacle, con un esito più che deludente in Campania, dove schierava il suo uomo. Le percentuali danno gli azzurri poco sopra il 5 percento, ma in Veneto e Toscana – fanno notare – "non si arriva alla soglia di sbarramento" prevista dal Brescellum. E ancora "con il taglio dei parlamentari non ci saranno sufficienti posti" ragionano, un problema che sta preoccupando – sempre secondo rumors di palazzo – anche i fedelissimi del Cav come Licia Ronzulli, Niccolò Ghedini e Sestino Giacomoni.

Il Cav, in isolamento ad Arcore per il post Covid, è restato in silenzio. Una anomalia nel suo modus operandi. Ha chiamato comunque Francesco Acquaroli per complimentarsi e ha confortato Stefano Caldoro. Di dichiarazioni pubbliche però nemmeno l'ombra. L'ordine di scuderia è quello di non fare mea culpa, ma puntare sul ruolo determinante che il partito ha nella coalizione e che oggi la rendono la maggioranza naturale del Paese. Ci sono tuttavia 'movimenti', spiegano diverse fonti del partito, che si "concretizzeranno presto". Le critiche arrivano soprattutto dalle fila dei carfagnani, con Paolo Russo che parla di "logiche tribali ai danni dei cittadini". Ed è proprio a Mara Carfagna che si guarda dentro Forza Italia, almeno quella parte moderata e liberare. Con Renzi? Assolutamente "no" riferiscono, "lui e fuori dai giochi".

Carfagna, Carlo Calenda e Giovanni Toti potrebbero essere le figure che – insieme o separati – potrebbero portare per mano l'ala che non si riconosce nel sovranismo di Salvini e Meloni. Non è un caso che, a fronte del risultato in Liguria, Giovanni Toti oggi si è smarcato da entrambi, rilevando "una voglia di allargare il centrodestra oltre l'ala sovranista, con sensibilità che vanno fino al socialismo riformista". L'idea del governatore ricalca quella già proposta in passato e che non dispiaceva anche agli anti-salviniani: "Un vero percorso di federazione e di allargamento che superi le bandiere dei singoli partiti per aggregarsi in qualcosa di più organico, di più largo, di meno esclusivo e di più inclusivo".

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