Dalla restrizione dei permessi di soggiorno umanitari ai centri Sprar. Ecco i motivi della preoccupazione dei primi cittadini "contestatori". Il rischio di una bomba sociale che oggi viene controllata dall'accoglienza diffusa sul territorio che punta all'integrazione e che rischia di sparire

Motivi di legittimità costituzionale (ovviamente opinabili), ma anche questioni pratiche e, come dicono i sindaci di Palermo (Leoluca Orlando) e di Napoli (Luigi De Magistris) probabilmente "crimonogene". Il decreto sicurezza (ddl 840/2018 convertito in legge il 27 novembre scorso) non sembra reggere alle prime prove pratiche. Perché se Orlando e De Magistris hanno le spalle abbastanza forti (e la volontà politica) per permettersi di andare allo scontro diretto con il ministro degli Interni Matteo Salvini con tutte le conseguenze (anche penali) del caso, altri sindaci (solo più prudenti) come Beppe Sala a Milano e Dario Nardella a Firenze ma anche Federico Pizzarotti a Parma, contestano l'applicabilità pratica della normativa che rischia di buttare per la strada migliaia di persone che hanno ottenuto la protezione umanitaria e che se la vedranno revocata in base alla nuova normativa.

Questa gente non potrà avere il permesso di soggiorno, non potrà avere una residenza anagrafica, una casa, un lavoro. Verrà letteralmente sbattuta per la strada con il forte rischio di diventare preda della criminalità organizzata sempre alla ricerca di "manovalanza". Non solo, queste persone non potranno più essere accolti nei centri Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che, d'ora in poi, saranno riservati solo ai minori. Insomma, denunciano i sindaci con la loro presa di posizione, il decreto sicurezza, al di là degli aspetti puramente umanitari che vengono calpestati, rischia di produrre nelle grandi città una "bomba sociale" di persone senza tetto e senza lavoro, di "fantasmi sociali" che, fino ad oggi, invece, le amministrazioni comunali, attraverso l'accoglienza diffusa per piccoli nuclei riuscivano a controllare e a convogliare nella legalità.

Ma cerchiamo di vedere, in pratica, cosa dice il decreto sicurezza e quali problemi rischia di creare. Il ddl 840/2018 consta di diverse parti che si occupano di diverse questioni che, secondo il Ministero, generano insicurezza: occupazioni di edifici e sgomberi, daspo urbano per chi provoca determinati tipi di problemi, uso del taser da parte delle forze dell'ordine, ma anche lotta al terrorismo (espulsioni, controlli, stretta sul noleggio di furgoni e camion, daspo per i sospetti ecc.) e lotta alla mafia (contrasto alle infiltrazioni e confisca di beni). Una parte, poi, si occupa specificatamente di immigrazione. Ed è quella contestata dai sindaci.

Ecco i punti della sezione immigrazione che vengono contestati

Revoca della protezione internazionale – Lo status di "protetto" viene revocato se si commettono alcuni reati (che sono stati allargati): violenza sessuale, spaccio di droga, rapina ed estorsione. Tra i reati di "particolare allarme sociale" sono inclusi la mutilazione dei genitali femminili, la resistenza a pubblico ufficiale, le lesioni personali gravi, le lesioni gravi a pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico, il furto aggravato dal porto di armi o narcotici. Per questi reati basta una condanna in primo grado con espulsione immediata. Qui ci sarebbe un profilo di incostituzionalità perché in questo Paese tutti hanno diritto ai tre gradi di giudizio che verrebbero negati solo ai cittadini stranieri.

Permesso di soggiorno umanitario –  In Italia (dati della rivista Internazionale) nel 2017 sono state presentate 130mila domande di protezione internazionale (già diminuite nel 2018): il 52 per cento è stato respinto, nel 25 per cento dei casi è stata concessa la protezione umanitaria, all’8 per cento delle persone è stato riconosciuto lo status di rifugiato, un altro 8 per cento ha ottenuto la protezione sussidiaria, il restante 7 per cento ha ottenuto altri tipi di protezione. Il permesso di soggiorno derivante dalla concessione della protezione umanitaria durava due anni (come si vede, riguardava oltre 50 mila persone) e dava diritto al lavoro, ai servizi sociali e all'edilizia popolare. La nuova normativa, di fatto, lo abolisce limitandolo ad alcuni casi speciali (protezione sociale per vittime di sfruttamento violenze, ragioni di salute e calamità naturali nel Paese di origine) che generano un permesso speciale di un anno. Un altro permesso di soggiorno può essere concesso a chi si è distinto per particolari atti di valore civile. E' proprio la parte contestata dai sindaci. Chi ha il permesso di soggiorno umanitario in scadenza, non potrà averlo rinnovato (se non in pochi casi), dicono i primi cittadini, e rimarrà nel nostro Paese senza diritti, senza poter proseguire un percorso di integrazione sociale e lavorativa già avviato, senza altra possibilità che andarsene per strada a chiedere l'elemosina o (come dice lo stesso Salvini) "a far danni". Per questo, Orlando ha chiesto ai suoi funzionari di verificare le situazioni e sospendere "per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica".

Il problema Sprar – Come si diceva, la nuova normativa limita fortemente la possibilità per le amministrazioni comunali di dare una risposta sociale diffusa sul territorio. Per questo i sindaci sono preoccupati. Oggi, attraverso il sistema Sprar, i richiedenti asilo in attesa di risposta vengono avviati in questi piccoli centri dove trovano accoglienza, seguono corsi, svolgono attività utili e vengono avviati al lavoro. Tutto questo finirà. Negli Sprar potrà essere accolto solo chi ha già la protezione internazionale (perché viene da Paesi per i quali è automaticamente riconosciuta) e i minori non accompagnati. Tutti gli altri, fuori. Dove? Nei centri di accoglienza straordinaria (Cas) o nei Cara dove, notoriamente, i migranti stanno tutto il giorno a non far nulla e dove sono facile preda delle malavità organizzata. Depotenziare gli Sprar, secondo i sindaci "disobbedienti" significa proprio buttare nelle città una bomba sociale che, finora, veniva abbastanza controllata. Insomma, sembra che, in questo senso, il decreto sicurezza sia fatto apposta per generare ulteriore insicurezza e alimentare il "circuito dell'odio".

Gli altri punti del decreto sicurezza che non entrano (se non in parte) nella contestazione dei sindaci, sono:

Fondi – Vengono diminuiti sia i fondi per la gestione dell'immigrazione. Vengono stanziati circa 2,5 milioni in tre anni per i rimpatri. Siccome un rimpatrio costa complessivamente tra 4 e 10 mila euro, c'è chi ha calcolato che con queste cifra non se ne faranno più di un migliaio.

Patrocinio gratuito – Il migrante non avrà più il patrocinio gratuito se farà ricorso contro la negazione della protezione umanitaria. In questo modo si vogliono evitare i ricorsi.

Centri di rimpatrio – Il decreto Salvini aumenta da 90 a 180 giorni i tempi di permanenza nei Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio). Stesso problema dei Cas e dei Cara. Pura stanzialità senza integrazione.

Revoca della cittadinanza – La possibilità di revocare la cittadinanza per chi sia considerato pericoloso per lo Stato o sia sospettato di terrorismo. La richiesta di cittadinanza potrà essere respinta anche per chi ha sposato un cittadino a cittadina italiani. Finora era praticamente automatica. Anche in questo caso, si rischiano pericolose semplificazioni: se uno ha ottenuto la cittadinanza italiana, dovrebbe avere gli stessi diritti di un cittadino italiano "nativo". Non risulta, ad esempio, che la revoca della cittadinanza sia mai stata pensata per i cittadini italiani che, in passato si sono macchiati di reati di terrorismo e stragi sia di destra che di sinistra.

 

 

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