Dopo la proposta choc di rimpatriarne 600mila, gli altri leader replicano: "Lui ha firmato trattati di Dublino e fatto guerra in Libia"
La campagna elettorale si sposta sul tema migranti con un botta e risposta serrato tra i leader politici, dopo la proposta choc di Silvio Berlusconi di rimpatriarne 600mila. L'alleato Matteo Salvini scende in campo e rivendica la paternità della proposta con un "Io non ho gelosie". Poi, 'approfittando' dei fatti di Macerata, rilancia: "Qualcuno interpreta la richiesta di controlli come fascismo, andrebbe ricoverato". E promette che una volta al governo lavorerà "per avere molte più espulsioni che sbarchi" in quanto preferisce spendere i soldi "per espellere che per mantenere in albergo".
Berlusconi mette le mani avanti e chiarisce che "non c'è un discrimine al colore per la pelle". "A Macerata – spiega – c'era stato il terribile caso della povera Pamela fatta a pezzi. Poi sabato c'è stato il caso di Traini, da attribuire al fatto che fosse squilibrato e non alla politica".Ma per il segretario Pd e per il candidato premier M5S la responsabilità è chiara ed è in capo al leader azzurro. "L'immigrazione dipende da due fattori: coi trattati di Dublino ogni Paese gestisce l'immigrazione da solo, ma quegli accordi che ora Berlusconi contesta li ha firmati lui nel 2003. E se in Italia arrivano i migranti è perché qualcuno ha fatto la guerra in Libia e il presidente del Consiglio era Berlusconi", dice Matteo Renzi.
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