Roma, 14 ott. (LaPresse) – “La riforma approvata ieri produce due effetti: un forte moto ascensionale, con il potere che si concentra sempre più nelle mani del presidente del Consiglio, e parallelamente una minore capacità rappresentativa del Parlamento”. Lo ha detto a ‘Voci del Mattino’ si Radio1 Rai, il giurista Stefano Rodotà, commentando il ddl Boschi votato ieri al Senato. “La riforma del Senato va letta contestualmente alla riforma della legge elettorale che, attraverso il suo meccanismo, consegna al governo un potere che riduce il Parlamento a mero esecutore delle decisioni prese dall’esecutivo, all’interno del quale si assiste a una ulteriore concentrazione del potere reale nelle mani del presidente del Consiglio. Contemporaneamente, con un gioco intrecciato di premi di maggioranza e limiti alla possibilità di scelta degli elettori, si deprime l’istituto della rappresentanza – continua Rodotà – si calcola che su un totale di 630 deputati, almeno 400 rischiano di essere sostanzialmente sottratti alla scelta dei cittadini, a cominciare dai capolista che hanno un posto assicurato in ogni caso. Tutto il potere è nelle mani delle oligarchie dei partiti, che determinano le liste elettorali. e, soprattutto è un intreccio che cambia la forma di governo che abbiamo sin qui conosciuto. Il sistema, infatti, permette anche a un partito che non è maggioritario nel Paese, o addirittura è minoritario, di vincere le elezioni”.

“Il presidente del Consiglio – ha osservato Rodotà – aveva detto che per fare la legge elettorale si doveva guardare ai modelli degli altri Paesi. Ebbene, io vengo dalla Francia, dove un rapporto commissionato dall’Assemblea nazionale, sostiene che bisogna diminuire il numero dei parlamentari ma aumentarne il numero di coloro che sono eletti col sistema proporzionale, al fine di riconoscere l’effettiva consistenza di ciascun partito e dare maggiore spazio al diritto di scelta da parte dei cittadini. La mancanza di rappresentatività è un problema serio, che ha spinto la Corte Costituzionale a dichiarare illegittimo il famoso Porcellum”.

L’accademico calabrese spiega: “La gente non si riconosce in organi rappresentativi che rappresentativi non sono, e così si spiega anche la forte propensione all’astensione. D’altra parte il ruolo subordinato del Parlamento rispetto al potere esecutivo è anche figlio della ormai consolidata tendenza, di fronte a difficoltà politiche, a ricorrere alla decretazione d’urgenza o al voto di fiducia. Lo hanno fatto tutti gli ultimi governi: Letta, Monti, Berlusconi e qualche avvisaglia si riscontra già nel secondo governo Prodi”.

“Altro abusato meccanismo, oggetto di molti dubbi da parte della Corte Costituzionale, è quello dei cosiddetti ‘maxi emendamenti’, cioè quei documenti giganteschi, onnicomprensivi, che servono solo a far finire l’ostruzionismo e a non riaprire la discussione sui singoli temi. La riforma ha affrontato questo tema in modo tale da provocare un ulteriore accentramento di potere, senza gli equilibri adeguati, senza contrappesi. Bisogna essere molto chiari nello spiegare queste cose ai cittadini”, conclude Rodotà.

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