Roma, 13 ott. (LaPresse) – La riforma costituzionale ha ricevuto il secondo via libera dal Senato con 179 voti a favore, 17 contrari e 7 astenuti. Ora il testo tornerà alla Camera per la seconda volta. Hanno votato a favore i partiti di maggioranza (Pd, Ap e Autonomie) che sostengono il governo ai quali si aggiungono 13 verdiniani di Ala, 2 senatori di Forza Italia (in dissenso dal gruppo), 3 di Gal e 7 del gruppo Misto. Le opposizioni (M5s, Lega, Forza Italia e Sel), fatta eccezione per i fittiani che hanno votato contro, non hanno partecipato al voto.

“Grazie a chi continua a inseguire il sogno di un’Italia più semplice e più forte”, scrive su Twitter il premier Matteo Renzi. “Semplicemente una bellissima giornata. Per noi ma soprattutto per l’Italia. Grazie a chi ci ha sempre creduto”, gli fa eco la ministra per le Riforme Maria Elena Boschi che in aula ha ringraziato tutti i sostenitori del provvedimento che porta il suo nome. “E’ stata una grande fatica che ha prodotto un grande risultato”, commenta a caldo la senatrice Pd Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari costituzionali e madrina dell’accordo interno al Partito democratico sull’elettività dei futuri senatori. Prende la parola anche il presidente del Senato Pietro Grasso e lo fa su Facebook. “Non sono state settimane facili. Alcuni mi hanno accusato di essere schierato con la maggioranza, altri di essere il leader delle opposizioni – spiega -. In coscienza posso dire che in un clima così infuocato ho fatto di tutto per rimanere imparziale senza lasciarmi condizionare dalle ragioni degli uni o degli altri”.

Il dibattito dell’assemblea di Palazzo Madama è stato segnato dall’intervento dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sostenitore convinto delle riforme. “Quello di oggi sulle riforme è stato un voto importante. L’alternativa era restare fermi o tornare indietro”, ha detto, uscendo dall’aula di palazzo Madama dopo il voto. “Dobbiamo dare risposte nuove a situazioni stringenti e bisognerà dare attenzione a tutte le preoccupazioni espresse in queste settimane in materia di legislazione elettorale e diritti costituzionali”, ha sottolineato di fronte all’assemblea l’ex Capo dello Stato, rilanciando così il tema della riforma elettorale. Mentre Napolitano parlava il M5S ha abbandonato l’aula in segno di protesta, lasciando sui banchi dei fogli che riproducevano il tricolore.

Il senatore di Forza Italia Domenico Scilipoti, invece, ha alzato un cartello con la scritta ‘2011’, vale a dire l’anno in cui cadde il governo Berlusconi e l’allora presidente Napolitano approvò la formazione del governo tecnico di Mario Monti. Una censura è arrivata dal presidente di palazzo Madama Pietro Grasso. “La prossima volta la caccio dall’aula”, ha detto l’ex magistrato rivolgendosi al senatore.

Guardato in controluce il voto rivela il delinearsi di una nuova maggioranza. La maggioranza in senso stretto ha infatti raggiunto in tutto 153 voti, al di sotto dei 161 previsti per la maggioranza assoluta. Di questi, sono stati 106 i voti favorevoli del Pd, 32 quelli di Ap (Ncd-Udc) e 15 quelli del gruppo per le Autonomie. Ma per raggiungere i 179 ‘sì’ sono serviti anche 13 voti dei verdiniani di Ala, 2 voti di Forza Italia, 3 di Gal (tra cui c’è quello del sottosegretario Angela D’Onghia), 7 del gruppo Misto (gli ex Fi Manuela Repetti e Sandro Bondi, il sottosegretario Della Vedova, i due Idv Alessandra Bencini e Maurizio Romani, ma anche l’ex M5S Luis Alberto Orellana). La maggioranza fa notare che anche senza i voti dei ‘verdiniani’ e di Forza Italia avrebbe raggiunto quota 164: un risultato più che soddisfacente.

Di fine di una fase politica parla il coordinatore nazionale di Ncd Gaetano Quagliariello. “Oggi onoriamo sostanzialmente l’impegno assunto a inizio legislatura all’atto della rielezione del presidente Napolitano, ma si chiude una fase della nostra vita politica”, ha detto in aula Quagliariello, spiegando che “per effetto del combinato disposto tra questa riforma e la nuova legge elettorale la maggioranza del Pd ha ulteriormente sbiadito la logica di coalizione privilegiando la trattativa con la propria minoranza, secondo uno schema di autosufficienza che, grazie anche all’apporto del gruppo Ala, coniuga l’unità del partito con la conquista dell’area del buon senso da delegare direttamente al leader “.

I tempi per l’approvazione definitiva della riforma sono ancora molto lunghi. Le due Camere dovranno votare di nuovo il testo, ci sarà poi il referendum popolare e la Corte costituzionale si dovrà pronunciare. Si arriverà almeno all’autunno 2016.

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