di Elisabetta Graziani

Roma, 9 ott. (LaPresse) – Il Senato ha approvato i 41 articoli del disegno di legge Boschi e martedì 13 ottobre è prevista la votazione finale sul provvedimento con le dichiarazioni di voto a partire dalle 15. Il testo approderà successivamente alla Camera – dopo la legge di Stabilità – per la seconda e definitiva lettura. Poi, il referendum. “Siamo a un passo dall’approvazione di una legge fondamentale”, ha commentato a fine seduta la presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro.

Il testo della nuova Costituzione, elaborato a palazzo Madama, pone fine al bicameralismo paritario, introduce il Senato rappresentativo dei territori e scelto – altra novità – a elezione ‘quasi diretta’ dai cittadini (una successiva legge stabilirà come, un’ipotesi è il listino separato). Le decisioni dei cittadini non potranno essere ignorate dai Consigli regionali che eleggeranno i futuri senatori “in conformità” con le scelte espresse dagli elettori al momento delle Regionali.

Fondamentale il numero ridotto dei nuovi senatori: non più 315 ma cento, dei quali 21 sindaci, 74 consiglieri regionali e 5 membri nominati dal Presidente della Repubblica. Sono stati venti giorni di passione, dalle accuse rivolte dalle opposizioni al presidente del Senato Pietro Grasso – criticato per non essere un arbitro super partes – ai gesti osceni indirizzati dai senatori alle senatrici, che hanno portato alla sospensione dei parlamentari di Ala Vincenzo D’Anna e Lucio Barani. Tra minacce di Aventino e lettere inviate al Capo dello Stato Sergio Mattarella, il fronte dell’opposizione è riuscito lo stesso a spaccarsi. Lega, Sel, M5S e Conservatori e riformisti hanno in più occasioni imputato a Forza Italia di aver fatto rinascere un ‘patto del Nazareno ter’ con il Pd.

Anche la costola di Fi fondata da Denis Verdini, il gruppo di Ala, è stata a più riprese messa all’indice per aver votato con la maggioranza. Proprio i verdiniani sono stati la pietra di scandalo all’interno del gruppo Pd, che ha visto la minoranza dem indignarsi e smarcarsi, salvo poi ricongiungersi alla maggioranza – tutti tranne Walter Tocci, Corradino Mineo e Felice Casson – nel voto sui cosiddetti ‘emendamenti di mediazione’ (e non solo) che hanno reintrodotto un ruolo centrale dei cittadini nella elezione dei futuri senatori ed esteso le funzioni del Senato.

I NUMERI. La maggioranza ha oscillato intorno ai 161 voti previsti per avere la maggioranza assoluta necessaria per approvare l’intero provvedimento – e non i singoli articoli – con picchi in positivo che hanno superato i 200 voti e curve discendenti che hanno toccato i 145.

I NODI. Quattro, in particolare, i temi su cui si è dibattuto: il superamento dell’elezione indiretta dei futuri senatori, risolta con la modifica dell’articolo 2 e dell’articolo 39 contenente la norma transitoria; le funzioni del nuovo Senato; l’elezione dei giudici della Corte Costituzionale; il quorum per l’elezione del capo dello Stato e la modifica del Titolo V sulle funzioni e le autonomie delle Regioni. Ma l’iter della legge a Palazzo Madama è stato scandito anche da momenti surreali segnati da algoritmi capaci di creare una “quarta dimensione” e da immagini di animali, dal canguro al gambero, in grado di azzerare o moltiplicare emendamenti.

Per la prima volta nella storia della Repubblica sono stati presentati 85 milioni di proposte di modifica a un disegno di legge, frutto della formula matematica di cui va orgoglioso il leghista Roberto Calderoli e usata contro il testo della riforma. Grasso ha ammesso infine ‘soltanto’ 380mila emendamenti. Contro molti di essi ha agito anche l’emendamento ‘canguro’ del senatore Pd Roberto Cociancich, che ne ha eliminati per effetto domino una buona fetta, scandalizzando le opposizioni.

A nulla è valsa la “mossa del gambero”, così battezzata dallo stesso Calderoli, per ripresentare le proposte di modifica e dribblare il ‘salto del canguro’: non si torna indietro, l’irreversibilità temporale non ammette eccezioni. E martedì 13 ottobre il disegno di legge andrà in aula per il voto finale. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi già sorride e twitta: “Dicevano ‘Le riforme si fermeranno, il Governo non ha i numeri’. Visto come è andata?”.

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