di Donatella Di Nitto

Roma, 7 ott. (LaPresse) – Il Partito democratico si compatta con la minoranza e supera lo scoglio dell’articolo 21, mettendo una ipoteca anche sul 39. I due nodi rimanenti del ddl Boschi vengono quindi sciolti grazie all’accordo tra la base del Nazareno e i dissidenti Dem: sull’articolo che tratta infatti l’elezione del capo dello Stato, approvato con 169 sì e soli tre contrari, visto che la Lega ha abbandonato l’aula al momento del voto, Fi e M5S non hanno partecipato, il fronte della maggioranza ha confermato il testo approvato dalla Camera.

Il successore di Sergio Mattarella sarà quindi eletto con una nuova maggioranza: 630 deputati e 100 senatori, con l’esclusione infatti dei delegati regionali, come invece avviene ora in base all’articolo 83 della Costituzione. Per il 39 invece, che affronta le norme transitorie, quindi i tempi di attuazione della Riforma, sarà presentato un emendamento dal governo che recepirà le richieste della minoranza.

Ma la cronaca politica oggi ha visto in Senato il disfacimento del fronte delle opposizioni, che per solo 24 ore era riuscito a fare quadrato sulla decisione di portare in aula una “resistenza passiva”, cioè non intervenire sugli emendamenti. L’unità si è infatti trasformata in un tutti contro Forza Italia, immediatamente dopo il voto su un emendamento della minoranza dem all’articolo 17 (il numero 17.201), a firma Nerina Dirindin, respinto con 165 no, 100 sì e 8 astenuti grazie anche a 30 voti azzurri.

Alla fine nel suo complesso l’articolo è stato approvato con 153 voti favorevoli, 107 voti contrari e 9 astenuti, con 14 senatori Dem che hanno dato parere contrario. Pur non essendo stati decisivi, come ha esplicitato una nota del gruppo Dem, i voti di Forza Italia a favore della maggioranza hanno scatenato il putiferio, con le opposizioni che si sono disperse. Al momento della votazione dell’articolo 21 infatti sono state dure le accuse della Lega Nord. “Una volta che la maggioranza era in difficoltà, le avete fatto la stampella – ha accusato il capogruppo del Carroccio Gian Marco Centinaio – Non vogliamo più parlare con Fi che fa la stampella ma con quella che vuole essere alternativa a Renzi. Il Patto del Nazareno è stato superato da un patto Renzi-Berlusconi-Verdini-Tosi”.

Il Movimento 5 Stelle invece è restato in aula ma non ha partecipato al voto perché, ha precisato il capogruppo Gian Luca Castaldi “da cittadini dobbiamo poi riportare fuori ciò che qui avviene. E vi vogliamo guardare in faccia votare a favore dell’uccisione della democrazia”. Secondo le opposizioni infatti il campanello d’allarme che ha poi richiamato la necessità di ricorrere alla stampella azzurra è suonato con i due emendamenti all’articolo 12 di M5S a voto segreto. le norme sono state infatti respinte con un margine stretto: 130 sì, 143 no e 4 astenuti la prima, mentre la seconda 131 sì, 144 no e 4 voti (17 voti di scarto, considerando che in Senato l’astensione viene considerata come voto negativo).

I voti di Forza Italia a favore della maggioranza fanno quindi saltare il banco. Anche sulla lettera- appello da inviare al presidente della Repubblica Mattarella si sciolgono le fila. M5S ha deciso di chiedere al Capo dello Stato un incontro e, in una nota, ha attaccato duramente gli azzurri: “Oggi Forza Italia ha sostenuto la maggioranza votando insieme al Pd contro un emendamento all’articolo 17, resuscitando in un colpo solo il patto del Nazareno versione ter ed andandosi ad aggiungere alla stampella dei verdiniani che stanno votando questa riforma assieme al governo”.

I Conservatori e riformisti, invece, si sono defilati spiegando “non c’è nessuna sottoscrizione di alcunchè” e con Cinzia Bonfrisco, hanno evocato il risorto ‘patto del Nazareno’. Forza Italia allora decide di andare da sola. Il capogruppo Romani, infatti, ha inviato a Mattarella, una missiva, di cui non si rendono noti i contenuti per “garbo istituzionale”, nella quale vi è una relazione sull’andamento dei lavori sul ddl di Riforma costituzionale.

“Ci siamo lamentati del fatto che ci sia stata totale indisponibilità da parte della maggioranza ad aprire un tavolo sulle regole costituzionali – ha detto Romani ai giornalisti – e ci lamentiamo anche del fatto che sono state fatte delle forzature sul regolamento per comprimere il dibattito”. Da parte loro però nessuna richiesta di incontro, ma l’attesa rispettosa di una risposta. In chiusura di seduta l’assemblea ha dato anche il via libera all’articolo 27 e ha iniziato a esaminare il 30 con il governo che ha dato parere favorevole, qualora riformulato, all’emendamento di Francesco Russo (Pd). Riaperti i termini per la presentazione dei subemendamenti l’aula si è aggiornata a domani alle 9,30 con la nota di aggiornamento al Def, mentre le riforme ripartiranno alle 15.

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