I Movimenti ambientalisti: "Bene Italia su strada decarbonizzazione"
La Banca mondiale si impegna a destinare 25 miliardi di dollari l’anno alla finanza climatica sino al 2025 nell’ambito del suo Climate Action Plan, includendo temi centrali di agricoltura e sistemi alimentari. Lo ha fatto sapere una nota della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, per conto della presidenza britannica della Cop26.
“Servono segnali concreti sulla strada della decarbonizzazione che auspichiamo escano dalla COP 26: bene che l’Italia, aderendo alla iniziativa promossa dal governo UK, sia fra le nazioni leader a livello mondiale che hanno deciso a Glasgow di porre fine ai finanziamenti all’estero a sostegno dei combustibili fossili”. Così in una nota Greenpeace, Legambiente e WWF Italia
“Mettere fine ai Sussidi Ambientalmente Dannosi forniti dall’Italia fuori dai confini è un ottimo segnale che speriamo si traduca, come chiesto nel Green Deal Europeo, nella definizione di una roadmap per la progressiva cancellazione dei SAD, entro il 2030, per i combustibili fossili anche nel nostro Paese che ancora oggi ammontano a 17,7 miliardi di euro”, aggiungono i movimenti ambientalisti.
Nel 2015, l’Italia è stato il terzo paese al mondo a fornire crediti per progetti all’estero finanziati con fondi pubblici (14), preceduta da Germania (31) e Danimarca (18). Anche in termini finanziari l’Italia è stata il terzo paese a sostenere il maggior volume di esportazioni con 1,87 miliardi di Diritti Speciali di Prelievo, preceduta dalla Germania (3,58 miliardi di DSP) e dal Giappone (2,40 miliardi di DSP).
Il ruolo principale dei crediti e delle garanzie all’esportazione è quello di promuovere il commercio in un ambiente competitivo, fornendo incentivi economici positivi per le imprese e gli attori privati per entrare in mercati rischiosi. Ma le stesse istituzioni multilaterali non hanno chiare restrizioni in merito a quali tecnologie evitare di finanziare, con la conseguenza di fornire comunque importanti agevolazioni a progetti ad alto impatto ambientale, spesso giustificati da obiettivi di sviluppo non necessariamente sostenibili per i paesi in cui l’attività è condotta.
Per questo la decisione di oggi è un ulteriore passo avanti – riguardando non solo il carbone ma tutti i combustibili fossili – verso la sostenibilità ambientale delle scelte dei Paesi più ricchi sulla strada della decarbonizzazione.
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