Nella prigione di massima sicurezza furono trattenute anche Cecilia Sala e Alessia Piperno

Dalla Rivoluzione islamica del 1979 la prigione di Evin, il cui ingresso è stato colpito oggi da un raid israeliano dal forte intento simbolico, è diventato il principale centro di detenzione per prigionieri politici, giornalisti, accademici e difensori dei diritti umani. I carcerati rinchiusi all’interno della struttura, situata sulle colline a nord di Teheran, hanno denunciato condizioni estreme a partire dalle torture, punizioni collettive e accesso limitato all’assistenza legale. La prigione fu realizzata nel 1971 ed aperta nel 1972, la sua gestione fu assegnata alla polizia segreta iraniana Savak, direttamente dipendente dallo Scià, Mohammad Reza Pahlavi. Evin era il luogo dove furono detenuti migliaia di prigionieri politici. Dopo la rivoluzione del 1979, il nuovo governo radunò coloro che erano legati alla monarchia e li arrestò nella struttura. Il complesso si è ampliato nel corso degli anni fino a comprendere diversi edifici e negli ultimi anni diversi reparti del carcere sono stati di fatto consegnati al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane e al Ministero dell’Intelligence e della Sicurezza.

Nella prigione della capitale anche Cecilia Sala e Alessia Piperno 

Secondo quanto riporta Human Rights Watch, il periodo più buio nella storia di Evin fu la tarda estate del 1988, quando innumerevoli migliaia di prigionieri politici furono giustiziati dopo processi sommari. Fra i tanti intellettuali, giornalisti e attivisti che sono stati rinchiusi all’interno delle mura di Evin, soprannominata proprio per questo motivo ‘l’università’, la premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, il noto regista Jafar Panahi e diversi cittadini stranieri fra cui le italiane Alessia Piperno e Cecilia Sala. La blogger rimase all’interno della prigione per 45 giorni, dal 28 settembre al 10 novembre del 2022. La giornalista Cecilia Sala invece venne arrestata il 19 dicembre 2024 nel suo albergo di Teheran, dove si trovava con regolare visto giornalistico, con la generica accusa di “violazione delle leggi della Repubblica islamica”. La sua liberazione avvenne nella notte fra il 7 e l’8 gennaio del 2025. Sala ha raccontato di non aver subito violenze fisiche ma ha parlato anche degli strumenti della cosiddetta ‘tortura bianca’ messi in atto a partire dalla luce sempre accesa 24 ore su 24, i continui interrogatori, l’isolamento e il dover dormire per terra. 

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