La Treccani: "Sentenza durissima per il suo attivismo in difesa dei diritti umani"

Il regista iraniano Mohammad Rasoulof, accusato di “collusione contro la sicurezza nazionale”, è stato condannato a cinque anni di carcere, alla confisca dei beni e alla fustigazione. Rasoulof, 52 anni, ha debuttato come regista nel 2002 con il film Gagooman e ha ottenuto diversi riconoscimenti a livello internazionale. Una durissima sentenza su cui ha preso posizione anche la Treccani, la quale sottolinea come nessuno dei suoi film sia mai stato distribuito in Iran, e come la sentenza si basi sia sulle sue critiche di Rasoulof verso il regime iraniano, sia sulle sue opere come regista. Rasoulof già in passato aveva subito condanne e scontato periodi di detenzione per il suo attivismo in difesa dei diritti umani, per aver girato film senza le autorizzazioni previste e per il contenuto delle sue opere, che ritraggono le contraddizioni e i meccanismi di oppressione che attraversano il suo Paese. Nel 2017 gli era stato inoltre confiscato il passaporto, impedendogli di recarsi all’estero.

Mohammad Rasoulof, l’Orso d’oro al Festival di Berlino

 Nel 2020, Mohammad Rasoulof ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino con il film Sheytan vojud nadarad (There is no evil), incentrato sul tema della pena di morte, attraverso l’intreccio di quattro storie apparentemente slegate fra loro che alla fine compongono un quadro unitario. In occasione di questo riconoscimento, Rasoulof non ha potuto partecipare alla premiazione a causa del divieto di lasciare il Paese. Il regista ha raccontato come l’ispirazione del film sia nata da un’esperienza personale: avendo incontrato casualmente per strada uno dei suoi persecutori ha iniziato a seguirlo con l’intenzione di avere un duro confronto verbale. Osservandone i comportamenti quotidiani, ha percepito come quella persona non fosse cattiva di per sé, ma inserita nei perversi meccanismi propri di uno Stato oppressivo.

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