La Corte Suprema di Londra si esprime sul ricorso della difesa del fondatore di Wikileaks: negli Usa rischia fino a 175 anni. L'attivista non è in aula

E’ il giorno del verdetto per Julian Assange, accusato di spionaggio dalla giustizia americana. La Corte Suprema di Londra deve esprimersi sulla richiesta di estradizione negli Stati Uniti, dopo che il fondatore di Wikileaks ha trascorso nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh. 

I legali del whistleblower chiedono ai giudici di concedere una nuova udienza di appello. I magistrati Victoria Sharp e Jeremy Johnson potrebbero emettere un verdetto nella giornata di mercoledì ma potrebbero anche impiegare diverse settimane per arrivare a una sentenza.

Assange, che è cittadino australiano, è stato incriminato con 17 capi d’accusa per spionaggio e un’accusa di uso improprio del computer per la pubblicazione sul suo sito web di documenti statunitensi riservati. Rischia fino a 175 anni di carcere, per violazione dell’Espionage Act, una vecchia legge del 1917, mai applicata per vicende analoghe. I supporter del fondatore di Wikileaks sostengono che l’accusa è motivata politicamente e che non avrà un processo equo negli Stati Uniti.

La moglie, Stella Assange dice che la salute di suo marito è peggiorata durante la custodia e teme che muoia in prigione. Anche mercoledì, per il secondo giorno consecutivo,  l’attivista non è comparso in aula, né in collegamento, per “gravi problemi di salute”, fa sapere il suo team. 

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