Il governo italiano ha avuto un ruolo di primo piano e Giorgia Meloni è stata protagonista in prima persona delle mediazioni

L’Ue ha evitato ancora una volta una pericolosa spaccatura. Il Consiglio europeo straordinario ha trovato l’accordo sulla revisione del bilancio pluriennale 2021-2027, con i 50 miliardi di aiuti necessari per la sopravvivenza dell’Ucraina. Il premier ungherese, Viktor Orban, ha tenuto tutti col fiato sospeso per un mese e mezzo dall’ultimo vertice di dicembre, minacciando il suo veto fino all’ultimo. Poi ha dovuto capitolare dando il via libera ai fondi per Kiev. L’intesa è stata raggiunta grazie agli incontri dei vertici e big Ue delle ore prima e il vertice l’ha solo certificata al suo inizio.

Ieri sera il leader magiaro si era recato nell’hotel dove alloggia la premier Giorgia Meloni, che ha incontrato assieme al presidente francese Emmanuel Macron. Stamane l’incontro decisivo, a cui oltre alla premier e Macron si sono aggiunti il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e del Consiglio europeo, Charles Michel. Il governo italiano – sottolineano fonti di Palazzo Chigi – ha avuto un ruolo di primo piano e Giorgia Meloni è stata protagonista in prima persona delle mediazioni che hanno consentito di arrivare alla soluzione che ha messo d’accordo tutti.

Ai microfoni la prima ministra si dice molto soddisfatta: “Abbiamo portato a casa una soluzione a 27. Non era facile, noi siamo sempre stati convinti che una soluzione a 26 sarebbe stato un problema, un precedente pericoloso”, ha rimarcato Meloni, ricordando come negli incontri con Orban ha lavorato “cercando di portare a un punto che ci consentisse di non dividere l’Europa in un momento come questo” e adottando il suo metodo di dialogare con tutti e non pensando “di risolvere i problemi parlando con due o tre persone”. “Missione compiuta”, è il commento del premier ungherese che si vanta del fatto che “i fondi dell’Ungheria non finiranno in Ucraina e disponiamo di un meccanismo di controllo alla fine del primo e del secondo anno”.

Di fatto, il leader sovranista incassa solo una revisione annuale effettuata dalla Commissione europea sulle risorse, senza però passare per un voto all’unanimità come chiedeva, e “se necessario, tra due anni il Consiglio europeo inviterà la Commissione a presentare una proposta di revisione nel contesto del nuovo Quadro finanziario pluriennale”. Una richiesta che invece dovrà avvenire con il consenso di tutti i 27. Per andare incontro alle richieste di Orban, che ancora non si è visto erogare circa 22 miliardi, il vertice ha poi fatto un richiamo alle conclusioni del Consiglio del dicembre 2020, sulle norme che regolano i fondi del Next Generation Eu e del bilancio, sottolineando che l’applicazione delle condizionalità sullo Stato di diritto deve essere “obiettiva, equa, imparziale e basata sui fatti, garantendo il giusto processo, la non discriminazione e la parità di trattamento degli Stati membri”. L’aumento di bilancio approvato prevede 64,6 miliardi di euro in più (di cui 33 miliardi di prestiti e 10,6 miliardi di riallocazioni), di cui 50 sono per l’Ucraina (17 miliardi di sovvenzioni e 33 miliardi di prestiti), 2 miliardi per “Migrazione e gestione delle frontiere”, 7,6 miliardi per il “Vicinato e resto del mondo”, 1,5 miliardi per il Fondo europeo per la difesa nell’ambito del nuovo strumento Step (piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa).

Il tutto è stato approvato mentre fuori da Palazzo Europa migliaia di trattori bloccavano la città, dando alle fiamme la piazza antistante il Parlamento europeo e abbattendo la statua dell’industriale John Cockerill. A vertice finito, il premier belga Alexander De Croo, quello olandese Merk Rutte e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sono andati a incontrare i rappresentanti del Copa-Cogeca, l’organizzazione che rappresenta 22 milioni di agricoltori dell’Ue. “Gli agricoltori europei sono dinamici” e “hanno dimostrato una notevole resilienza di fronte alle recenti crisi. Ma rimangono molte sfide, come le tensioni sui prezzi agroalimentari o un mercato globale molto competitivo che porta all’incertezza”. La premier confida in un cambio di rotta con la nuova legislatura europea e ricorda come il suo partito in Europa “ha votato contro la gran parte delle questioni che oggi giustamente gli agricoltori pongono” e rivendica di aver sempre affermato “che la transizione ecologica non doveva essere una transizione ideologica”, “perché è stato l’approccio ideologico che ha finito per impattare sui più deboli e cioè sui lavoratori”. 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata