A Bruxelles si è discusso di sanzioni nei confronti dei dirigenti delle milizie terroristiche, in solidarietà a Israele
Nel giorno in cui il conflitto nella Striscia di Gaza era sul tavolo del summit dei ministri degli Esteri Ue a Bruxelles, Hamas ha minacciato la vita degli ostaggi che ha catturato nell’attacco del 7 ottobre nel sud di Israele che ha scatenato la guerra. In cambio vuole il rilascio di molti detenuti palestinesi: “Israele e i suoi sostenitori non potranno riavere i prigionieri vivi senza un accordo di scambio di prigionieri e senza accettare le condizioni dell’ala militare di Hamas”, ha fatto sapere il portavoce del braccio militare di Hamas, Abu Obaida, che ha accusato lo Stato ebraico di compiere un “olocausto per spezzare la volontà del popolo palestinese“.
A Bruxelles si è discusso di sanzioni a dirigenti di Hamas in solidarietà a Israele, ma il Belgio ha lanciato anche l’ipotesi di vietare l’ingresso dei coloni ebrei violenti nell’area Schengen, per rispondere all’aumento di aggressioni contro i palestinesi in Cisgiordania. I ministri degli Esteri di Italia, Germania e Francia avevano inviato una lettera all’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, per sostenere la sua proposta di creare un regime sanzionatorio contro i dirigenti di Hamas. In serata, al termine della riunione, Borrell ha spiegato che fra i 27 non è emersa alcuna opposizione a sanzionare i vertici di Hamas, ma che proporrà appunto sanzioni da imporre ai coloni israeliani.
Secondo l’ufficio di Netanyahu sono 117 gli ostaggi ancora in mano a Hamas, mentre dal 7 ottobre sono 20 le persone sequestrate che sono state uccise durante la prigionia o durante l’attacco stesso. A chiedere il rilascio degli ostaggi a Hamas, oltre che una cessazione delle ostilità, è stata anche la Russia, in una chiamata fatta dal rappresentante di Vladimir Putin per il Medioriente, il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov: in una serie di telefonate con leader di organizzazioni palestinesi, Bogdanov ha parlato anche con il vice presidente del Politburo di Hamas, Musa Abu Marzouk, al quale ha “confermato la posizione di principio” della Russia sulla “necessità di cessare le ostilità e risolvere urgentemente tutti i problemi umanitari” legati al conflitto israelo-palestinese e alla situazione della Striscia di Gaza, “compreso il rilascio degli ostaggi”. Notizia che giunge all’indomani delle scintille nella telefonata fra Netanyahu e Putin in cui il premier israeliano ha espresso insoddisfazione per la posizione anti-Israele di Mosca.
Nel dramma di Gaza, pesanti combattimenti imperversano a Khan Younis, nel sud della Striscia, e battaglie sono ancora in corso sia in alcune zone di Gaza City sia nel campo rifugiati di Jabaliya nel nord della Striscia. In questo contesto Israele ha fatto sapere, per bocca del portavoce di Netanyahu, che non ha intenzione di spostare la popolazione palestinese fuori dalla Striscia di Gaza; e anzi ha bollato come “accuse false e oltraggiose” le speculazioni in tal senso, dopo che il ministro giordano degli Esteri Ayman aveva detto che “quello a cui stiamo assistendo a Gaza non è semplicemente l’uccisione di persone innocenti e la distruzione dei loro mezzi di sussistenza, ma uno sforzo sistematico per svuotare Gaza della sua gente”. Mentre Middle East Media Research Institute (Memri), un’organizzazione con sede a Washington, ha riferito di un piano illustrato da un funzionario da Hamas per preparare un califfato con Gerusalemme capitale: Fathi Hammad, membro del Politburo ed ex ministro dell’Interno, durante una trasmissione del 1° dicembre sulla tv Al-Aqsa secondo quanto riferito da Memri ha detto che “Gerusalemme non sarà solo la capitale della Palestina come Stato indipendente, sarà la capitale del Califfato islamico” e ha definito Mahmoud Abbas un “traditore”.
Con un cessate il fuoco umanitario immediato che continua a essere invocato da più parti, dopo che è stato bloccato dal veto degli Stati Uniti in Consiglio di sicurezza Onu, per martedì è stata convocata una riunione d’emergenza dell’Assemblea generale dell’Onu in cui i 193 Stati membri sono chiamati a votare su una bozza di risoluzione che chiede proprio una tregua umanitaria. Una bozza simile a quella su cui al Consiglio Onu gli Usa hanno posto il veto venerdì. A differenza delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza quelle dell’Assemblea, dove non è possibile porre veti, non sono vincolanti. Sono tuttavia un’importante cartina di tornasole dell’opinione globale. Intanto il Washington Post ha riferito che Israele avrebbe usato munizioni al fosforo bianco da 155mm, provenienti dagli arsenali Usa, per bombardare un villaggio nel sud del Libano. La Casa Bianca, per bocca del portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, si è detta “preoccupata” da questa notizia.
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