Il presidente della fondazione, Marco Minniti: "Non è minaccia imminente ma immanente"

La minaccia jihadista è silente, ma non per questo significa che sia morta. È quanto emerge dal primo Special Report realizzato dalla Fondazione Med-Or, dal titolo “Il nemico silente: Presenza ed evoluzione della minaccia jihadista nel Mediterraneo allargato”, e presentato all’Università LUISS Guido Carli di Roma. Il report, curato dal direttore delle Relazioni Istituzionali della Fondazione, Andrea Manciulli, analizza lo stato attuale delle minacce legate al terrorismo e dal radicalismo di matrice jihadista nello spazio geopolitico e geografico del Mediterraneo allargato. “La minaccia jihadista non è una minaccia imminente, ma una minaccia immanente, e cioè che da un momento all’altro può riesplodere”, ha detto il presidente della Fondazione Med-Or, Marco Minniti. “Il terrorismo internazionale oggi ha due grandi incubatori. Uno è in Asia, in particolare in Afghanistan, dove abbiamo una presenza abbastanza significativa ed importante di al-Qaeda e Islamic State in conflitto tra di loro. E poi l’Africa, dove abbiamo tutte le varianti nazionali di al-Qaeda e di Islamic State”. All’evento hanno preso parte anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e Autorità Delegata per la Sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, il Presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, il Presidente della Fondazione Med-Or, Marco Minniti, il noto arabista ed esperto di terrorismo, Gilles Kepel, e il Rettore della LUISS, Andrea Prencipe.

Minniti: “Preoccupa destabilizzazione Africa centro-settentrionale”

Il Report descrive in maniera molto dettagliata le evoluzioni presenti del fenomeno jihadista, sia sul piano ideologico che delle organizzazioni terroristiche attualmente operanti in molte aree della regione del Mediterraneo allargato, con una particolare attenzione all’Africa, principale area di incubazione del fenomeno in questa fase storica insieme all’Afghanistan. “Nella destabilizzazione soprattutto dell’Africa centro-settentrionale il terrorismo trova nuova linfa“, ha proseguito Minniti. Da qui la necessità di affrontare la questione in modo corale da parte dell’Europa. “Il tema dell’Africa deve essere affrontato dall’Europa sapendo che nei prossimi vent’anni il destino tra Europa e Africa è strettamente intrecciato – ha proseguito Minniti -, e anzi nei prossimi vent’anni l’Africa sarà sempre più lo specchio dell’Europa”. Fondamentale per scongiurare minacce di matrice islamica, per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, è non cadere in errori già commessi in passato: “Un errore drammatico è stato immaginare che la disarticolazione per via militare dello Stato Islamico in Siria e in Iraq tra il 2016 e il 2017 avesse fatto cessare la minaccia islamista. Al contrario, la frantumazione dello Stato Islamico si è tradotta in un imponente esodo di miliziani jihadisti che si sono riversati dal Medio Oriente all’Africa senza che l’occidente cogliesse la gravità del processo in atto, e senza vi fosse l’adozione di misure efficaci e coordinate e anzi con un progressivo ritiro dei contingenti militari dai luoghi sensibili”.

Guerini: “Silenzio della minaccia non significa sua assenza”

A tenere alta l’attenzione è l’invito lanciato anche dal presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, per il quale “dobbiamo sapere che il silenzio della minaccia non significa la sua assenza“. Guerini concentra la sua attenzione sul pericolo rappresentato dalle cosiddette “zone di vuoto” in cui il terrorismo potrebbe trovare terreno fertile. “Sono un luogo – ha detto – in cui il terrorismo può crescere e su questo è necessario che vi sia attenzione e riflessione, e soprattutto un lavoro comune che per quanto riguarda l’Africa significa un lavoro europeo. È l’Europa che deve porre in cima alla propria agenda la situazione dell’Africa, dal supporto alle realtà locali per costruire maggiori condizioni di sicurezza e contrastare il terrorismo, ad un piano reale, vero, concreto, ambizioso per il suo sviluppo”.

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