Era una bambina di 8 anni quando l'11 settembre del 1973 i militari guidati dal generale Augusto Pinochet misero in atto il golpe che pose fine al governo del presidente socialista Salvador Allende

Era una bambina di 8 anni Amanda Jara quando l’11 settembre del 1973 i militari guidati dal generale Augusto Pinochet misero in atto il golpe che pose fine al governo del presidente socialista Salvador Allende. Quel giorno stesso suo padre Victor Jara – cantante conosciutissimo oltre che regista teatrale e professore, che negli anni ha poi ricevuto tributi da artisti che vanno da Bruce Springsteen agli U2, dai Clash agli Inti Illimani – fu arrestato dai golpisti e a casa non tornò mai più. “Mi ricordo, ricordo l’attesa, dall’11 settembre in avanti”, racconta a LaPresse Amanda Jara, oggi 58enne, in una video-intervista in occasione dei 50 anni dal golpe.

Mentre le bombe cadevano sulla Moneda con dentro Allende, Victor Jara, allora 40enne, fu portato nell’Estadio de Chile di Santiago convertito in centro di detenzione, oggi a lui intitolato, e qui torturato e infine ucciso. I familiari lo seppero solo dopo giorni di attesa. La ferita per Amanda Jara è ancora aperta, ma sull’eredità lasciata dal padre per il Cile e per il mondo non ha dubbi: “la sua musica”. Con l’omicidio di Victor Jara si è provato a “uccidere la creatività”, ma il valore della sua musica oggi è che “funziona come un’ispirazione” ed è “un linguaggio universale” in grado di volare ovunque. “È stata una persona molto coerente, molto creativa. E per questo è così doloroso, non solo per me come figlia o per la nostra famiglia, ma per la storia del Cile, che si sia uccisa in questo modo la creatività”, “credo che la sua morte rafforzi anche l’idea che bisogna lasciare che la creatività, l’arte, la musica, la pittura, la poesia, la letteratura siano libere e possano esprimere ciò che devono esprimere”, aggiunge.

Icona del movimento noto come ‘Nueva cancion chilena’, Victor Jara fu voce degli anni di Allende. Le sentenze definitive per il suo caso sono giunte solo il 28 agosto scorso, quando la Corte suprema del Cile, a 50 anni di distanza dai fatti, ha condannato 7 ex militari in pensione per il sequestro e l’omicidio del cantautore. Uno dei 7, Hernan Chacon, si è tolto la vita prima di essere arrestato. Mentre per un altro degli accusati come responsabile dell’omicidio, Pedro Barrientos, il Cile ha chiesto l’estradizione dagli Stati Uniti. Queste condanne a pochi giorni dall’anniversario sono “un sollievo”, ma “come figlia non tanto”, perché “come figlia di un uomo assassinato brutalmente, è difficile trovare consolazione per i tanti anni trascorsi”, tuttavia “come cittadina cilena di 58 anni c’è perlomeno una scintilla, un’avvisaglia che se questo dovesse succedere di nuovo sarà perseguito, ed è un sollievo”, dice a LaPresse Amanda Jara, “sono segnali molto potenti per la storia”.

Come il corpo di Victor Jara potè giungere fino alla famiglia ha dell’incredibile. Il cadavere fu trovato alcuni giorni dopo il golpe vicino a un cimitero. A riconoscerlo nell’obitorio dove in quei giorni arrivavano decine di corpi fu Hector Herrera, allora 23enne, ex funzionario del Registro civil che i militari avevano trasferito all’Istituto medico legale. Herrera decise di correre un grande rischio e il 18 settembre si presentò alla porta di casa Jara per avvertire la moglie di Victor, la ballerina britannica Joan Jara, salvando così il cadavere dalle fosse comuni. Joan Jara decise di lasciare le figlie con una conoscente e andare con Herrera in obitorio: “Mia madre me lo disse subito quando tornò a casa, ‘tuo padre non tornerà più'”, racconta Amanda commossa.

Se non fosse stato per Herrera la storia oggi sarebbe molto diversa, “mia madre non avrebbe trovato il corpo di suo marito, non avrebbe potuto seppellirlo, e Victor Jara sarebbe un altro detenuto desaparecido in più”. Sotto la dittatura, la sepoltura avvenne in forma estremamente privata e raccolta. Poi, invece, quando l’era Pinochet era ormai lontana, nel 2009 la giustizia cilena ordinò l’esumazione dei resti e a dicembre di quell’anno si svolsero i funerali ufficiali, a cui partecipò anche l’allora presidente Michelle Bachelet.

Non hanno avuto la stessa sorte i familiari degli oltre 1.100 desaparecidos i cui corpi non sono mai stati trovati: per loro il governo del presidente Gabriel Boric ha lanciato un Piano nazionale di ricerca, un piano che mette al centro lo Stato mentre finora questo compito era stato portato avanti da familiari delle vittime e gruppi per i diritti umani. “Elogio la volontà politica di questo momento, spero che non siano solo annunci ma che ci saranno anche risorse economiche e talenti umani, perché questo è un compito multidisciplinare fra scienziati, storici”, ma “il nocciolo della questione” è che “le forze armate non hanno mai dato informazioni”, ha detto Amanda Jara, “l’appello è alle forze armate perché consegnino tutte le informazioni”.

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