Le elezioni di metà mandato sono un referendum sulla presidenza Biden, ma dall'esito del voto potrebbe dipendere anche il sostegno Usa all'Ucraina

L’America si appresta a compiere il consueto rito del voto di midterm, mostrando ancora una volta la profonda spaccatura che da anni divide il Paese. Le elezioni con le quali si rinnovano la Camera dei Rappresentanti, un terzo del Senato e decine di cariche elettive a livello statale e locale sono da sempre un referendum sul partito al potere e sull’Amministrazione in carica. Joe Biden arriva al voto di midterm penalizzato da un’inflazione troppo alta, prezzi della benzina che sono tornati a salire e con la percezione generalizzata da parte degli americani che il Paese stia andando nella direzione sbagliata, nonostante l’ottimo andamento del mercato del lavoro.

Quello che sembrava un argomento chiave per i Democratici, l’aborto, secondo i sondaggi non è più in cima alle priorità degli elettori indipendenti, quelli in grado di spostare l’equilibrio del voto, surclassato dal tema dell’economia. Nemmeno l’altro argomento usato con insistenza dal presidente e da molti candidati Dem durante la campagna elettorale, quello del “rischio per la democrazia” rappresentato da una vittoria dei candidati trumpiani, sembra aver fatto breccia.

Il voto dell’8 novembre sarà anche un referendum su Donald Trump, che in alcuni Stati chiave per il controllo del Senato, come Georgia e Pennsylvania, ha messo in campo i ‘suoi’ candidati, in una sfida non solo ai Democratici, ma anche all’ala moderata dei Repubblicani, spesso uscita sconfitta dalle primarie. L’ex presidente, negli ultimi giorni di campagna elettorale, ha voluto giocare d’anticipo rispetto all’esito del voto, lasciando intendere che “molto molto presto” annuncerà una nuova candidatura. “Tenetevi pronti”, ha detto ai suoi sostenitori, incurante delle tante inchieste giudiziarie che gravano sulla sua testa: dal tentativo di sovvertire il risultato del 2020 al suo ruolo nelle violenze a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, dai documenti top secret sequestrati nella sua residenza in Florida alle irregolarità contabili delle sue aziende, sulle quali sta indagando la Procura di New York.

I due grandi rivali, Biden e Trump, nelle loro ultime apparizioni hanno mostrato ottimismo. “Vinceremo”, ha detto il presidente, nonostante i sondaggi indichino una vittoria dei Repubblicani alla Camera e un testa a testa al Senato. Trump ha invece assicurato ai suoi sostenitori che “ci riprenderemo la Camera, ci riprenderemo il Senato e, nel 2024, ci riprenderemo la Casa Bianca”. E se dopo il voto ci si attende l’ufficializzazione della nuova candidatura del tycoon, anche su Biden aumentano le pressioni affinché sciolga la riserva e annunci le sue intenzioni per le prossime presidenziali. Non è un mistero che l’ala progressista dei Dem preferirebbe che l’anziano presidente (tra pochi giorni compirà 80 anni) si faccia da parte, per lasciare il campo a una nuova generazione di candidati.

Dall’esito del voto potrebbe dipendere anche il sostegno degli Stati Uniti, finora ampiamente bipartisan, all’Ucraina. Il leader della minoranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy, nei giorni scorsi ha detto che in caso di vittoria i repubblicani non firmeranno più “assegni in bianco per Kiev”. Se si incrinasse il fronte Usa, anche il resto dell’alleanza anti russa, faticosamente costruita dall’Amministrazione Biden, potrebbe cominciare a scricchiolare. È per questo che suscitano particolare inquietudine le dichiarazioni di Yevgeny Prigozhin, il fondatore del gruppo paramilitare Wagner, in riferimento alle elezioni negli Stati Uniti. “Abbiamo interferito, stiamo interferendo e interferiremo. Delicatamente, accuratamente, chirurgicamente e a modo nostro”, ha detto. Anche questo un modo per esasperare gli animi alla vigilia di un voto al quale l’America si presenta profondamente divisa.

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