Le autorità di Canberra avvertono il tribunale: "L'esenzione non garantisce l'ingresso"

Ore decisive per Novak Djokovic, che lunedì mattina (dalla mezzanotte ora italiana, ndr) comparirà davanti al Tribunale di Melbourne per evitare l’espulsione dall’Australia. Il caso ha polarizzato le opinioni e ha suscitato sdegno e proteste in Serbia. Al numero 1 del tennis mondiale è stato annullato il visto la scorsa settimana dopo che i funzionari di frontiera australiani hanno stabilito che l’esenzione ricevuta dal governo dello stato del Victoria e dagli organizzatori dell’Australian Open non soddisfaceva i criteri per l’esenzione dal requisito di ingresso nel Paese, che prevede il completamento del ciclo vaccinale per il Covid-19. Da allora Djokovic è stato confinato in una struttura di detenzione per immigrati. I suoi avvocati hanno presentato ricorso contro il procedimento di espulsione e la cancellazione del visto, sostenendo che Djokovic è risultato positivo al virus il mese scorso e si è ripreso.

Il governo australiano, però, è rigido sulle sue posizioni e ha ribadito che l’esenzione medica presentata da Djokovic non è una garanzia per entrare nel Paese. E’ questa la tesi centrale che emerge dai documenti depositati alla Federal and Family Court. Nelle 15 pagine depositate in tribunale, il governo contesta il principio stesso su cui si basa la difesa del serbo. Ovvero che avesse il diritto di entrare in Australia sulla base dell’esenzione garantita dai medici scelti dallo Stato di Victoria e dell’email arrivata dopo aver compilato l’Australian Travel Declaration, in cui il Department of Home Affairs confermava che Djokovic avesse i requisiti legali per entrare in Australia senza quarantena. “Non esiste una garanzia di ingresso in Australia per un cittadino straniero”, si legge nel documento presentato dal governo in tribunale. Nell’email del dipartimento, inoltre, “non vi era alcuna garanzia che la cosiddetta esenzione medica sarebbe stata accettata”.

Intanto la polemica infuria in Serbia, dove la famiglia di Djokovic ieri ha tenuto una manifestazione di solidarietà al tennista a Belgrado per il terzo giorno consecutivo e il primo ministro Ana Brnabic gli ha assicurato il sostegno del suo governo. “Siamo riusciti ad assicurarci che gli venga consegnato cibo senza glutine, oltre a strumenti per l’esercizio, un laptop e una scheda Sim in modo che sia in grado di essere in contatto con la sua famiglia”, ha detto Brnabic. I media australiani hanno riferito che i funzionari dell’immigrazione hanno negato la richiesta di far cucinare i pasti allo chef personale di Djokovic. Ma nell’occhio del ciclone sono finiti anche gli organizzatori dell’Australian Open, primo Slam stagionale al via il prossimo 17 gennaio. In un videomessaggio il direttore del torneo Craig Tiley ha dichiarato che “stiamo lavorando a stretto contatto con Novak e il suo team”. Secondo i media locali Tennis Australia avrebbe fornito interpretazioni errate ai giocatori sui motivi per ottenere un’esenzione, in particolare sulla possibilità di entrare nel Paese avendo superato il Covid nei sei mesi precedenti. Gli organizzatori hanno però incolpato il governo federale di poca chiarezza nelle sue norme. Un caso spinoso che nella notte italiana potrebbe vedere finalmente una soluzione.

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