Originariamente previsto per il 29 marzo, il divorzio tra Londra e Bruxelles era già stato posticipato al 12 aprile

Non si ferma la premier britannica Theresa May nella settimana cruciale per la Brexit: dopo i colloqui di lunedì sera tra il governo e il partito laburista per trovare un compromesso, martedì 9 aprile è prevista un'intensa attività diplomatica che la porterà a Berlino e poi a Parigi, alla vigilia del summit europeo, dove chiederà un ulteriore rinvio della data di uscita dell'Unione europea.

Originariamente previsto per il 29 marzo, il divorzio tra Londra e Bruxelles era già stato posticipato al 12 aprile. Ma la mancanza di un accordo sostenuto dai parlamentari britannici, la premier ha domandato ai leader europei un secondo rinvio, fino al 30 giugno, con la possibilità per il Regno Unito di uscire prima se verrà trovato un compromesso. La tenacia di May è incrollabile: lunedì ha parlato al telefono con i presidenti della Commissione europea Jean-Claude Juncker e del Consiglio europeo Donald Tusk (in vista del Consiglio europeo straordinario di mercoledì proprio sulla Brexit) e con il primo ministro olandese Mark Rutte.

Martedì volerà a Berlino dalla cancelliera Angela Merkel e poi a Parigi dal presidente Emmanuel Macron. Una visita, chiarisce Downing Street, per spiegare la ratio dietro la richiesta di estensione dell'articolo 50. In altre parole, un tentativo in extremis di persuadere le due figure più potenti d'Europa a perorare la causa di Londra. Per la proroga è infatti necessaria l'approvazione di tutti i leader degli altri 27 paesi dell'Ue. Merkel, come confermato dal portavoce Steffen Seibert, sembra essere la più morbida con la collega britannica. Più ostico sarà il colloquio all'Eliseo: la presidenza francese ritiene la richiesta di rinvio "un po' prematura" e prevede di attendere un "piano credibile" di Londra, entro il vertice del 10 aprile, prima di decidere. "Ogni decisione che verrà presa dall'Unione Europea in merito" dipenderà dalle "garanzie britanniche per una leale cooperazione", spiega Rutte precisando che per dare l'ok è fondamentale sapere "quando e su quali basi il Regno Unito ratificherà l'accordo di ritiro". In questo senso, ammettendo di essere pronta a organizzare le elezioni europee nel Regno Unito, May ha inviato un segnale positivo a coloro che temevano che la legalità del futuro Parlamento europeo sarebbe stata minacciata in caso di un ulteriore rinvio della Brexit a oltre le elezioni previste dal 23 maggio al 26 maggio.

Lunedì sera, Downing Street ha fissato la data per il voto al 23 maggio, sottolineando che però è intenzione di Londra "lasciare l'Unione europea con un accordo" e "approvare la legislazione necessaria entro il 22 maggio" per non essere costretta al voto per il rinnovo del Parlamento Ue. L'incapacità di May di far approvare ai deputati l'accordo di Brexit, firmato con Bruxelles a fine novembre, rappresenta una minaccia per la brutale uscita del suo paese dall'Ue. Per evitare questo scenario, sinonimo di disordine economico e ai confini, la premier ha iniziato la scorsa settimana colloqui con l'opposizione laburista per cercare di trovare una soluzione che possa portare a una maggioranza parlamentare. Al momento non vi è stato alcun risultato. "La nostra intenzione è quella di rafforzare i contatti con l'opposizione e speriamo che questo porti a colloqui faccia a faccia formali", ha fatto sapere il portavoce di May. Le due parti devono superare le divergente sulla forma: i Labour intendono mantenere il Regno Unito all'interno dell'unione doganale con l'Ue, cosa che May rifiuta spiegando che questo impedirebbe a Londra di condurre una politica commerciale autonoma nei confronti dei paesi terzi.

Lunedì, il leader laburista Jeremy Corbyn ha annunciato che il governo non ha cambiato posizione nonostante May, nel week end, avesse proposto un passo avanti da parte di entrambi. Nel frattempo, durante una visita a Dublino, il capo negoziatore Ue, Michel Barnier, ha avvertito che in caso di divorzio senza accordo, il temuto 'no deal' l'Europa non darà il via a nuovi negoziati commerciali con Londra finché la questione della frontiera irlandese non sarà risolta. Se i colloqui tra il governo e l'opposizione non avranno successo, la premier ha suggerito che sia il Parlamento a decidere, ponendo al voto dei deputati lediverse opzioni sulle future relazioni tra il Regno Unito e l'Unione europea.
 

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