Un intreccio di eserciti e milizie che si combattono senza sosta in un quadro geopolitico complicatissimo
Fazioni armate, potenze alleate, Paesi occidentali. La guerra in Siria è iniziata nel marzo 2011 con la soppressione delle proteste pro-democrazia per poi trasformarsi subito in un conflitto molto più complesso, con il coinvolgimento di gruppi jihadisti e poteri regionali e internazionali in un Paese dove si trovano da anni centinaia di soldati americani e dove Bashar al-Assad, con Putin dietro di lui, ha a disposizione missili e, come dimostrato in questi giorni, armi chimiche.
Ecco i principali attori del conflitto siriano:
ESERCITO DEL PRESIDENTE BASHAR AL-ASSAD – Nel 2011 aveva 300mila uomini nelle sue unità combattenti, ha visto i suoi numeri dimezzarsi. Ora è sostenuto anche da 150-200mila miliziani filo-regime, inclusi siriani, iracheni, iraniani e afghani. Inoltre, da 5.000 a 8.000 combattenti libanesi di Hezbollah stanno combattendo al suo fianco. L'esercito controlla oltre il 56% del territorio del Paese, soprattutto le città principali come Damasco, Aleppo, Homs e Hama: circa il 70% degli abitanti della Siria vive in queste zone.
GLI ALLEATI DI DAMASCO – Il sostenitore più potente è sicuramente la Russia, intervenuta nel settembre 2015. Il suo impegno ha permesso all'esercito siriano di riprendere il controllo di molte zone chiave, come la città di Aleppo e l'enclave ribelle della Ghouta orientale, alle porte di Damasco.
A Mosca si aggiunge l'Iran, che ha inviato migliaia di combattente e ha fornito consiglieri militari al governo di Assad.
I RIBELLI – All'inizio del conflitto i ribelli era riuniti sotto la bandiera dell'Esercito siriano libero (Esl), comandato dal colonnello disertore Riyad al-Asaad, sunnita originario della Siria centro-settentrionale, rifugiatosi in uno dei campi profughi allestiti nella provincia meridionale turca dell'Hatay. Negli anni questo ha lasciato progressivamente posto a una miriade di fazioni che vanno dai ribelli senza affiliazione religiosa ai gruppi islamisti. Originariamente contavano circa 100mila combattenti ma il loro peso è in gran parte diminuito dopo le sconfitte subite da parte dell'esercito siriano.
L'opposizione armata, che ha perso la sua ultima roccaforte alle porte di Damasco, nella Ghouta orientale, detiene solo il 12% del territorio del Paese: la cifra comprende, in particolare, i territori dominati da Hayat Tahrir al-Sham, organizzazione jihadista controllato dall'ex ramo siriano di Al Qaeda e con sede nella provincia di Idleb (nord-ovest).
Meno del 15% della popolazione vive in territorio ribelle.
LE FORZE JIHADISTE – Al momento le principali forze jihadiste rivali sono lo Stato Islamico e il gruppo Hayat Tahrir al-Cham.
L'Isis aveva conquistato varie regioni in Siria e in Iraq prima proclamare la nascita del Califfato nel 2014: dopo numerose offensive, da parte del regime e della coalizione curdo-araba sostenuta da Washington, il suo peso è nettamente ridotto. Soprattutto dopo la perdita della roccaforte, Raqqa. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, il gruppo controlla meno del 5% del territorio siriano.
Hayat Tahrir al-Cham controlla ancora la maggior parte della provincia di IdlIb, attualmente teatro di guerre interne tra jihadisti e ribelli.
I CURDI – Repressi da decenni, i curdi hanno approfittato del ritiro dell'esercito siriano per stabilire nel nord un'amministrazione semi-autonoma sui territori sotto il loro controllo. Nel 2016, hanno proclamato "una regione federale" e organizzato a settembre le loro prime elezioni. Le Ypg, le Unità di protezione del popolo, loro principale milizia armata, sono il cuore delle Forze democratiche siriane (Fds), composta da combattenti arabi e sostenuta dalla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. Sono stati in prima linea nella lotta contro l'Isis in Siria.
Da gennaio, la milizia si trova ad affrontare un'offensiva da parte della Turchia, che ha già conquistato l'enclave curda di Afrin nel nord-ovest e minaccia di continuare la sua avanzata verso altri territori ad est.
L'Ypg controlla il 28% del territorio siriano, dove vive circa il 15% della popolazione.
ACCANTO AI RIBELLI – La Turchia, l'Arabia Saudita e il Qatar hanno sostenuto all'inizio la ribellione prevalentemente sunnita contro Assad. Oggi Riyad e Doha sono emarginate mentre Ankara ha stretto un'alleanza senza precedenti con Mosca. Con la Turchia, Mosca e Teheran sono riuscite a stabilire 'zone di de-escalation' nel paese – specialmente a Idlib – senza, tuttavia, fermare completamente i combattimenti.
Militarmente, la Turchia sostiene mercenari siriani, ingaggiati contro i jihadisti, ma anche contro i combattenti curdi, e ha dispiegato truppe nel nord della Siria dal 2016.
Guidata da Washington, la coalizione riunisce oltre 60 paesi, tra cui Francia e Regno Uniti, e ha condotto attacchi aerei contro l'Isis dal 2014, a sostegno delle truppe di terra. Circa 2.000 soldati americani sono schierati nel nord della Siria: si tratta principalmente di forze speciali presenti per combattere lo Stato islamico e addestrare le forze locali.
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