Gli appelli delle organizzazioni internazionali per porre fine alle violenze

In Siria strage di civili nella Ghouta Orientale bombardata dal regime di Bashar Assad, mentre nell'enclave curda di Afrin si consuma lo scontro fra Damasco e la Turchia. Il governo siriano bombarda da tre giorni Ghouta Est, l'ultima sacca di opposizione rimasta alle porte di Damasco, preludio secondo la stampa di un attacco di terra imminente. Il bilancio è agghiacciante: 210 i civili morti da domenica nei raid aerei secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, e fra loro ci sono circa 60 bambini. Almeno sette gli ospedali colpiti lunedì e martedì, e quattro di questi sono stati messi fuori uso. Colpita e messa fuori servizio la clinica di Arbin sostenuta dalla Syrian American Medical Society: secondo l'Osservatorio, a colpirla sarebbero stati due raid aerei della Russia.

Si susseguono condanne e appelli delle organizzazioni internazionali a porre fine alle violenze. "È un eccidio peggiore di quello di Aleppo", ha tuonato il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, chiedendo che il mondo non resti a guardare. "Nessuna parola renderà giustizia ai bambini uccisi, alle loro madri, ai loro padri, a coloro che sono loro cari", ha affermato poi il il direttore regionale di Unicef per Nord Africa e Medioriente, Geert Cappelaere. Anche l'Onu lancia un appello accorato: "È imperativo mettere fine immediatameente a questa sofferenza umana senza senso", ha detto il coordinatore Onu per gli aiuti umanitari in Siria, Panos Moumtzis. E Save the Children, segnalando che sono oltre 350mila i civili bloccati nella enclave, riporta racconti drammatici: "A causa della forza delle esplosioni, alcune persone sono state sbalzate fuori dal secondo o terzo piano delle loro case. Tra di loro anche donne e bambini con le ossa completamente rotte", ha spiegato un operatore umanitario nel Ghouta orientale.

Il principale gruppo dell'opposizione siriana, la Commissione siriana per i negoziati (Snc), condanna l'offensiva di Assad definendola un "bagno di sangue" e "crimine di guerra", e minaccia di ritirarsi in segno di protesta dai colloqui di pace sostenuti dall'Onu. Intanto nella regione di Afrin controllata dai curdi, nel nordovest della Siria, si consuma lo scontro fra Damasco e Ankara. Nella zona l'esercito turco porta avanti da un mese un'offensiva contro la milizia curdo-siriana Ypg, sostenuta dagli Stati Uniti. Ma le forze pro Assad hanno deciso di unirsi ai curdi per – come ha riportato ieri l'agenzia di stampa di Stato siriana Sana – partecipare alla "resistenza contro l'aggressione turca".

Le forze pro regime sono entrate ad Afrin ma, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa turca Anadolu, dopo spari di avvertimento esplosi dai turchi, "hanno indietreggiato di circa 10 chilometri rispetto alla città". La Turchia aveva messo in guardia Damasco da qualsiasi forma di sostegno alla Ypg, milizia curda alleata degli Stati Uniti ma che Ankara considera organizzazione terroristica. Stamattina il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, ha promesso che Ankara metterà Afrin sotto assedio nei prossimi giorni. 

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