L'atteso discorso del presidente americano al World Economic Forum

Al termine di un Forum economico mondiale tutto giocato sulla contrapposizione tra visione multilateralista e timori di svolte protezionistiche, Donald Trump concede quella che forse era la massima apertura che ci si potesse attendere: "America First non significa America da sola".

D'altra parte, già in mattinata era trapelato che il discorso del presidente degli Stati Uniti, oltre che una presentazione della piattaforma programmatica che lo ha condotto alla Casa Bianca, sarebbe stato prima di tutto un invito rivolto ai leader economici presenti a Davos a salire a bordo della locomotiva a stelle strisce. "Non c'è mai stato un momento migliore per assumere, investire, costruire e crescere negli Stati Uniti", ha rimarcato dal palco, dopo aver affermato che "l'America è aperta agli affari e siamo di nuovo competitivi".

Lunga la lista dei successi snocciolati di fronte alla platea: dal ritorno di una forte crescita economica – quasi in contemporanea col discorso il dipartimento del Commercio ha indicato per il 2017 un Pil in crescita del 2,3% rispetto all'1,5% dell'anno precedente -, passando per gli 84 massimi toccati da Wall Street durante la sua presidenza, per finire ai tassi di disoccupazione ai minimi storici per le componenti afroamericana e ispanica della popolazione.

"Nessun uomo d'affari era mai stato eletto presidente, solo generali o politici", ha sottolineato l'inquilino della Casa Bianca, riservando una stoccata ai Democratici (che se avessero vinto avrebbero portato la Borsa "giù del 50%"), e una ai giornali ("solo diventando presidente ho realizzato quanto la stampa possa essere cattiva, feroce e falsa"), quest'ultima accolta dal pubblico con qualche fischio.

Trump – che si è definito "cheerleader" del suo Paese – non ha mai pronunciato la parola "multilateralismo", valore messo al centro del suo discorso mercoledì dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Si è invece limitato a promuovere l'idea di un sistema commerciale "reciproco ed equo", tendendo la mano ai Paesi membri del Tpp, l'accordo transpacifico dal quale gli Usa si sono sfilati e che continuerà senza di loro grazie alla presenza del Canada annunciata negli scorsi giorni. Gli States, ha spiegato, sono pronti a negoziare con loro "accordi bilaterali di mutuo beneficio", individualmente o "come gruppo".

Non è l'unica pezza che il presidente ha messo sulle polemiche delle ultime settimane. In mattinata Trump ha prima auspicato "un dollaro forte", rispondendo quindi indirettamente alle preoccupazioni espresse giovedì dal presidente della Bce, Mario Draghi, dopo la sortita del segretario di Stato Steven Mnuchin, che sempre a Davos aveva invece accennato ai risvolti positivi a livello commerciale della debolezza del biglietto verde.

Mentre nell'ambito degli incontri bilaterali in agenda (che lo hanno visto dialogare anche con la premier britannica Theresa May e col presidente svizzero Alain Berset), ha chiesto al presidente ruandese Paul Kagame di portare i suoi "più cordiali saluti" agli altri leader dell'Unione Africana. Un passaggio significativo, se si considera che alcuni Stati di quell'area rientravano nella definizione di "paesi cesso" attribuita allo stesso Trump (ma da lui smentita).

Le parole pronunciate dal presidente non hanno in realtà avuto effetti decisivi sul cambio euro-dollaro, con la valuta europea che rimane comunque sopra quota 1,24. Wall Street, dal canto suo, ha celebrato la giornata con l'ennesima apertura in positivo: al suono della campanella, il Dow Jones avanzava di oltre un decimo di punto percentuale. 

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