Gerusalemme, 25 ott. (LaPresse/EFE) – “Israele è interessato a installare videocamere di sorveglianza in tutta la zona della Spianata delle Moschee”. Lo ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nel corso della riunione di gabinetto a seguito dell’accordo raggiunto ieri con la Giordania con la mediazione americana di John Kerry ad Amman. “Innanzitutto, per smentire le accuse secondo cui Israele starebbe cambiando lo status quo – ha continuato Netanyahu – e, in secondo luogo, per mostrare da dove veramente arrivino le provocazioni e sventarle prima che accadano”.

Netanyahu ha ribadito che il suo Paese non cambierà lo status quo del luogo sacro, come invece accusano i palestinesi, e ha aggiunto che la Spianata “continuerà ad essere amministrata come è amministrata ora, l’ordine delle visite da parte degli ebrei al luogo rimane. Non ci sarà alcun cambiamento, come per l’ordine delle preghiere dei musulmani”.

Il premier ha espresso la speranza che le sue dichiarazioni e le nuove misure di sorveglianza “contribuiranno ad alleviare la tensione” che ora persiste nella zona, “almeno intorno alla Spianata delle Moschee”.

L’accordo è però stato accolto con freddezza dalla parte palestinese. “È una nuova trappola”, ha dichiarato il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Maliki parlando alla Radio da dove ha accusato Israele di voler utilizzare i filmati per arrestare ogni fedele musulmano che ritenga essere un “terrorista”. Nessun commento è arrivato invece dal presidente Mahmoud Abbas dopo le dichiarazioni di Kerry secondo cui Israele non ha alcuna intenzione di modificare lo status quo della moschea di al-Aqsa, luogo sacro per musulmani ed ebrei.

In una dichiarazione rilasciata ieri sera il premier israeliano Netanyahu aveva precisato che il suo Paese “riconosce l’importanza della Spianata delle Mosche per i fedeli delle tre religioni monoteiste: ebrei, musulmani e cristiani” e ha aggiunto che “Israele continuerà ad attuare la sua politica: i musulmani pregano alla Spianata. I non musulmani la visitano”. Con questa dichiarazione il premier si è voluto opporre alle richieste dell’estrema destra israeliana e dei gruppi nazionalisti che rivendicano la preghiera ebraica nel luogo sacro, che si trova in territorio occupato: una richiesta che i palestinesi considerano una provocazione e un cambiamento dello status quo.

Netanyahu ha anche notato che i visitatori e coloro che venerano il complesso hanno il diritto di restare “in pace, senza violenza, senza minacce, senza intimidazioni e provocazioni”, riferendosi ai palestinesi che hanno aggredito ebrei in visita al sito.

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