Mosca (Russia), 23 dic. (LaPresse/AP) – “Questa non è una amnistia, questo è una burla e una mossa di pubbliche relazioni” del Cremlino. Così Maria Alekhina, componente delle Pussy Riot rilasciata questa mattina in Russia grazie all’amnistia firmata la scorsa settimana dal Parlamento di Mosca. È stata liberata dalla colonia penale di Nizhny Novgorod dove era detenuta per accuse di vandalismo, per aver cantato una “preghiera punk” contro il presidente Vladimir Putin nella cattedrale di Mosca. Ha anche detto che, se avesse potuto, sarebbe rimasta dietro le sbarre per finire di scontare la sua condanna, che si sarebbe conclusa alla fine di marzo. “Se avessi potuto rifiutare, l’avrei fatto, non c’è alcun dubbio”, ha dichiarato. Alekhina ha dichiarato che l’amnistia riguarda meno del 10% della popolazione carceraria e solo una frazione delle donne con figli attualmente detenute.

Le donne condannate per gravi reati, anche se sono madri, non rientrano nei criteri per aver diritto alla libertà. Ha anche raccontato che gli ufficiali del carcere non le hanno dato la possibilità di salutare le sue compagne di prigionia, ma l’hanno messa in un’auto e trasportata fino alla stazione ferroviaria nel centro di Nizhny Novgorod. Arrivati lì, Alekhina è andata direttamente a incontrare gli attivisti per i diritti umani, ha raccontato la sua legale, Irina Khrunova.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata