Kampala (Uganda), 28 mar. (LaPresse/AP) – I ribelli del gruppo M23 stavano tentando di uccidere il signore della guerra Bosco Ntaganda, prima che si consegnasse all’ambasciata Usa di Kigali, in Ruanda, per essere trasferito alla Corte penale internazionale dell’Aia (Cpi). Lo ha dichiarato un portavoce del Movimento 23 marzo, Rene Abandi, dicendo che Ntaganda tentò di “influenzare la catena di comando”, ma andò troppo oltre quando sfidò il leader militare del M23, Sultani Makenga. Nel movimento si era infatti creata una spaccatura, in cui si fronteggiavano gruppi capeggiati da Ntaganda e Makenga.
Forse gli scontri tra le fazioni hanno spinto, il 18 marzo, Ntaganda a consegnarsi, dopo sette anni di latitanza come ricercato dalla Cpi. “Ciò che scioccò il generale Makenga fu che questa lotta derivava dalla stupidità di Ntaganda. Da allora il nostro obiettivo era soltanto neutralizzarlo, perché causava problemi. Tentava di influenzare il movimento dall’esterno”, ha detto il portavoce Abandi.
Non è tuttavia chiaro come e perché Ntaganda si sia consegnato a Kigali, ma Abandi ha detto di credere che vi sia arrivato attraversando una giungla che non è molto controllata. “E’ passato in una zona dove non c’è un confine ufficiale, vicino al parco nazionale Virunga”, ha detto. Per Makenga non è in vigore alcun mandato d’arresto internazionale, ma è sottoposto a sanzioni delle Nazioni unite e di gruppi per i diritti umani, che sostengono abbia commesso crimini simili a quelli attribuiti a Ntaganda. Questi è accusato di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, e di aver reclutato bambini soldato.
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