Oscurato un video servizio di LaPresse, incriminata la 'bontà' dei fatti di cronaca illustrati

 

“Purtroppo, in seguito a un esame svolto dal nostro team, abbiamo riscontrato che i tuoi contenuti violano le norme sulla disinformazione in ambito medico. Abbiamo rimosso i seguenti contenuti da YouTube”.

Così recita perentoria la nota pervenuta alla nostra agenzia tramite mail automatica. Sul Canale YouTube di LaPresse viene quindi di imperio censurata una clip video. Un servizio di cronaca realizzato da una delle principali Agenzie di stampa nazionali, testata giornalistica registrata presso un Tribunale italiano.

 Il contenuto incriminato (GUARDA) ha per titolo ‘Sanitari contro obbligo vaccinale in piazza: “Sono sperimentali, non siamo cavie o sorci”. Nel servizio le immagini di una manifestazione davanti a Montecitorio e qualche voce raccolta da chi, nelle file del personale medico, esprimeva la propria contrarietà all’obbligo vaccinale per la categoria. Ovvero una notizia qualsiasi di cronaca, come la nostra agenzia ne lancia quotidianamente a migliaia per la linea testuale ed a decine per i video-servizi. Un flusso di informazione che la nutrita squadra di giornalisti professionisti e videoreporter de LaPresse realizza e che ogni giorno, 365 giorni l’anno, viene richiesto e distribuito all’intero panorama dei quotidiani e broadcaster italiani. Una linea che arriva e viene seguita ai terminali di Istituzioni come la Presidenza del Consiglio, il Quirinale o la Farnesina, solo per citarne alcune.

 L’algoritmo di YouTube ha deciso per contro che il servizio di informazione realizzato dall’Agenzia stampa LaPresse viola niente meno che le ‘norme sulla disinformazione in ambito medico’. Un giudizio e una sentenza inappellabili: a nulla è servito l’invio della documentazione da parte del nostro ufficio legale. Granitica e intransigente la fermezza di fronte alla produzione e recapito delle carte a supporto del profilo giuridico della società LaPresse, alla dimostrazione che LaPresse realizza oltre 2000 lanci di agenzia al giorno, oltre 30 videonotizie, 8 telegiornali messi in onda da network televisivi di primo piano. Il muro censorio è invalicabile e in barba non solo alla logica ma alle leggi dello Stato esercita il proprio illegittimo potere discrezionale. Il pluralismo dell’informazione, garantito e certificato da LaPresse nel proprio quotidiano mestiere e ragione sociale, viene giudicato da un social, YouTube, sulla legittimità della singola notizia, in quanto tale. La sanzione annessa, che serva come monito, è la sospensione del Canale LaPresse per una settimana. 

 

 Dunque è YouTube, editore di fatto e non solo fornitore monopolista di un servizio, che decide sulla libera informazione, o peggio su quali fatti dell’attualità possano essere raccontati e quali debbano essere invece oscurati. Nel caso specifico sdoganando un principio aberrante, caro solo ai regimi totalitari, ovvero quello che il cronista dovrebbe dedicare il proprio mestiere alle notizie certificate come buone per valori e opinioni che veicola e non per i fatti che riporta. Non scomoderemo allora l’articolo 21 della Costituzione, né ricorderemo come nello Stato italiano vi siano leggi e istituzioni preposte a fare rispettare le norme vigenti. Nella speranza si possa trattare di uno spiacevole errore, l’Agenzia LaPresse tenterà un nuovo ricorso, valutando al contempo le azioni da intraprendere presso le autorità competenti per porre al vaglio delle stesse se sia legittima la censura dell’attualità da parte di un algoritmo e se una piattaforma social, di proprietà di una multinazionale con sede all’estero, possa secondo il proprio arbitrio negare il diritto di cronaca ad un’Agenzia Stampa italiana.

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