Un faro su tre reperti genetici per individuare chi si trovava con Pino Pelosi all'Idroscalo di Ostia nella notte dell'omicidio

Pino Pelosi, detto la ‘Rana’, non era solo la notte tra il 1 e 2 novembre del 1975, quando all’Idroscalo a Ostia venne ucciso l’intellettuale e scrittore Pier Paolo Pasolini. È l’ultima ipotesi investigativa, emersa a pochi giorni dalla ricorrenza di uno dei delitti, avvolti nel mistero. A quasi mezzo secolo dai fatti la procura di Roma, dopo l’istanza presentata dall’avvocato Stefano Maccioni, valuta la riapertura dell’inchiesta. Nuovi elementi e alcune piste mai battute prima, presentate dal legale e già in possesso degli inquirenti, potrebbero portate a breve a una nuova indagine per individuare chi, insieme a Pino Pelosi, si trovasse quella notte sulla scena dell’omicidio. Si tratta di tre profili genetici con il Dna già estratto, che vennero isolati dai carabinieri del Ris nel 2010 su alcuni reperti sequestrati all’Idroscalo. A questo si aggiungono le dichiarazioni del boss della Banda della Magliana, Maurizio Abbatino, legate al furto di alcune pellicole cinematografiche del suo ultimo film del suo ultimo film ‘Salò o le 120 giornate di Sodoma’. Sotto le lente d’ingrandimento degli investigatori ci sono alcune gocce di sudore estratte da un plantare ritrovato nell’automobile di Pasolini, una macchia di sangue repertata nella parte interna dei jeans di Pasolini che secondo chi indaga appartenere ad uno dei partecipanti al pestaggio, e del materiale ematico isolato sulla maglietta che indossava lo scrittore quando venne assassinato.

Le dichiarazioni di Abbatino

Nell’istanza presentata in procura a Roma dall’avvocato Stefano Maccioni, viene chiesto di accertare a chi appartengano le tracce di Dna per dare un volto e un nome agli altri componenti del branco che quella notte, al momento dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini, si trovavano all’Idroscalo. Secondo le dichiarazioni del boss Abbatino, Pasolini venne attirato in un imboscata, dove il ‘Caronte’ fu proprio Pelosi dopo il furto delle pellicole del film ‘Salò o le 120 giornate di Sodoma”: l’intellettuale fu ucciso da una banda di picchiatori fascisti. L’omicidio Pasolini, per essere compreso, andrebbe dunque collocato in un periodo storico in cui era ancora fortemente “recalcitrante” l’ideologia fascista. Anche il modus operandi utilizzato per uccidere l’artista, prima picchiato con una tavoletta e poi schiacciato con le ruote della sua macchina, farebbe pensare a un movente di altra natura rispetto a quello sessuale.

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