Il 23 maggio 2021 si spezzò il cavo della funivia: 14 morti

“Nei nostri occhi quelle immagini non spariranno mai. Era l’inferno”. A un anno dalla strage della funivia del Mottarone, nella quale hanno perso la vita 14 persone, a ricordare quanto accaduto è la sindaca di Stresa, Marcella Severino. Erano circa le 12.30 di domenica 23 maggio quando una fune dell’impianto che si trova nel Verbano si è spezzata, mentre una cabina era in viaggio nel troncone tra l’Alpino e la vetta. I freni d’emergenza non hanno funzionato: si scoprirà poi che i forchettoni che li inibiscono erano rimasti inseriti. Così la cabina a bordo della quale viaggiavano 15 persone è caduta, rotolando sul pendio della montagna per quasi 50, 100 metri. I primi soccorritori saliti sul posto hanno parlato di una scena mai vista, anche in vent’anni di esperienza sul campo. Molti, a distanza di un anno, non vogliono ricordare. I corpi delle vittime erano sparsi vicino agli alberi o incastrati tra le lamiere: due i bimbi che erano ancora vivi, Eitan e Mattia, quest’ultimo è morto poco dopo. “Non possiamo scordare la scena, e poi il silenzio. Nei nostri occhi quelle immagini non spariranno mai”, spiega la sindaca, che aggiunge: “Lo sgomento dei soccorritori era quello di non aver potuto salvare quasi nessuno”.

“Ero in Municipio, è arrivata la notizia e siamo partiti. Non sapevo cosa avrei trovato una volta salito”, spiega Alessandro Monti, sindaco di Baveno, a capo della protezione civile locale. “Ci aspettavamo di tutto ma una volta arrivati su, era anche peggio. Una scena straziante, che torna spesso in mente, soprattutto in questi giorni”. Nessuno sapeva cosa fosse accaduto con esattezza. In una prima telefonata del 118 ai carabinieri l’operatrice diceva concitata “è caduta una cabina, che casino, casino”. Il comandante dei carabinieri di Verbania, Alberto Cicognani, fu subito avvertito e arrivò meno di un’ora dopo la strage. “Ho un ricordo personale di quel giorno, poiché sarei dovuto salire sulla funivia con la mia famiglia. Non ci sono andato per via di un lutto famigliare – spiega commosso – Ci siamo messi a lavorare tra le lacrime. Non scorderò mai la preghiera recitata tutti assieme: abbiamo prima lavorato a testa bassa cercando di mantenere la lucidità, poi, quando eravamo pronti a portare via le salme, la procuratrice ci ha chiesto di fermarci. E’ calato il silenzio e abbiamo recitato una preghiera per le vittime”. La strage ha distrutto una famiglia che viveva tra Pavia e Israele: cinque le vite spezzate, l’unico sopravvissuto è il piccolo Eitan, ora al centro di una disputa famigliare internazionale che sembra aver trovato, recentemente, un po’ di pace. Poi una coppia di Varese, una di Bari, una ragazza calabrese. Turisti, in cerca di un po’ di serenità.

“Il problema è che quando veniamo chiamati per i soccorsi mentre ci avviciniamo, di solito, ci prepariamo a ciò che troveremo. Questa volta non è stato possibile, nessuno si aspettava ciò che poi ha visto”, spiega il comandante del Soccorso Alpino Matteo Gasparini. “Ci siamo avvicinati senza sapere che avremmo trovato una carneficina” aggiunge. “Puoi prepararti quanto vuoi a fare soccorsi ma non sei mai pronto per questo, era uno scenario apocalittico” dice Roberto Marchioni, comandante locale dei vigili del fuoco. “Nessuno potrà restituire alle vittime la vita e l’innocenza di un viaggio che doveva essere di gioia – spiega uno dei volontari che era sul posto, Emanuele Vitale, che è anche assessore a Baveno – Le famiglie, ma anche le nostre comunità, chiedono giustizia”.

Per portare via i due bimbi sopravvissuti, e poi le salme, erano intervenuti gli elicotteri. La zona è particolarmente impervia: per trasportare i resti della cabina, cruciali per le indagini, ci sono voluti quasi sei mesi. Solo l’8 novembre 2021 un elicottero speciale ha potuto trasportarli per iniziare le analisi sulla fune. Le perizie dovrebbero essere depositate, dopo una proroga, il 30 giugno. Se si sa perché il freno d’emergenza non ha funzionato, anche per la confessione di Gabriele Tadini, uno dei primi indagati, ma non è chiaro ancora perché si sia spezzata la fune. L’incidente probatorio deve stabilire proprio questo. Gli indagati, al momento, sono 12 più due società. Lunedì, nel giorno dell’anniversario, sarà svelato in vetta un cippo in memoria delle vittime. Saranno presenti le istituzioni ma anche i familiari e gli amici. A seguire, ci sarà una messa nella chiesa della Madonna della Neve. “E’ il nostro 11 settembre”, aveva detto disperata la sindaca di Stresa, Marcella Severino, il giorno dopo la strage. Dodici mesi dopo una comunità intera chiede giustizia.

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