Gli investimenti, le società, le controllate: tutto quello che c'è da sapere

Lo scandalo ambientale, il commissariamento, le battaglie legali, i processi. E ora un nuovo verdetto – in attesa della Cassazione – nove anni dopo l’inizio del calvario. Per la Corte d’Assise di Taranto dalla gestione dell’Ilva da parte dei Riva ne è derivato un disastro ambientale. Ma in generale, Ilva ha portato con sè nell’ultimo decennio un intrico di piani giuridici, societari, ambientali e giudiziari, di gestione di privati e di intervento pubblico. Una vera e propria odissea con ricadute oltre che economiche ambientali, sociali e sui lavoratori. Al centro c’è il Gruppo Riva, fondato da Emilio Riva nel 1954 assieme al fratello Adriano, per commercializzare rottami di ferro destinati alle acciaierie a forno elettrico del bresciano. Il Gruppo ha una forte crescita soprattutto partecipando alle privatizzazioni degli anni Novanta, quando in casa entra l’Ilva, ex Italsider, diventando un pezzo importante di storia della siderurgia italiana. Emilio Riva è morto nel 2014 a 88 anni.

Il caso Ilva, che rappresenta la più grande acciaieria in Europa, inizia a diventare tale da un punto di vista giudiziario nel 2012, quando la magistratura dispone il sequestro senza facoltà d’uso dei sei impianti dell’area a caldo. Il 26 luglio 2012, dopo indagini sull’operato della famiglia Riva che proseguivano da anni, il gip di Taranto Patrizia Todisco dispone infatti il sequestro dell’acciaieria per gravi violazioni ambientali.

Le accuse per Emilio e Nicola Riva

Emilio Riva, il figlio Nicola Riva e l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso sono arrestati con accuse che andavano dal disastro colposo all’inquinamento atmosferico. Con il decreto ministeriale del 21 gennaio 2015 si apre la procedura di amministrazione straordinaria, con una triade di commissari composta inizialmente da Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi. L’obiettivo della gestione era risanare e trovare un acquirente. Dopo una lunga ricerca e la pubblicazione del bando, nel giugno 2017 il colosso anglo-indiano Arcelor Mittal si aggiudica la gara pubblica per il controllo parziale dell’acciaieria. L’accordo è è siglato con l’allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.

Gli investimenti e le società

In totale il piano di investimenti previsto era di 2,1 miliardi. A fine giugno 2018 è stato prorogato di tre mesi il commissariamento, mentre a luglio il governo giallo-verde con il nuovo titolare del Mise Luigi Di Maio chiede di fare luce sulla regolarità della gara prima ad Anac e poi all’Avvocatura di Stato. Dopo un periodo di alti e bassi anche dal punto di vista dell’attuazione del piano ambientale e del rapporto con i sindacati, il 5 novembre 2019 ArcelorMittal annuncia l’intenzione di recedere dal contratto di affitto. Il 14 novembre 2019 l’ad di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli rende nota la volontà di chiudere gli impianti di Taranto. Tale decisione è stata impugnata – e di fatto bloccata – in sede giudiziaria dai commissari straordinari dell’Ilva e dal governo italiano. Dopo una lunga querelle giudiziaria, conclusasi con un accordo in tribunale a Milano, si è arrivati ad un’intesa industriale tra governo e Mittal, siglata con Invitalia nel dicembre 2020.

Nelle operazioni della filiale italiana di ArcelorMittal è quindi subentrata una nuova società costituita da Am InvestCo Italy. Ad aprile 2021, dopo l’entrata dell’agenzia governativa Invitalia nel capitale sociale della società, l’assemblea straordinaria ha deciso l’aumento di capitale riservato ad Invitalia e ha sancito la modifica della ragione sociale di Am InvestCo Italy e delle sue controllate. Una è divenuta Acciaierie d’Italia Holding, mentre ArcelorMittal Italia è diventata Acciaierie d’Italia.

In particolare, Invitalia, su incarico del Governo italiano, ha sottoscritto, con i contributi in conto capitale assegnati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, azioni ordinarie per un importo di 400 milioni di euro e, a seguito dell’adesione all’aumento di capitale, ha acquisito il 50% dei diritti di voto di AM InvestCo Italy che assumerà la denominazione “Acciaierie d’Italia Holding S.p.A..

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