Settantuno gli indagati fra dirigenti e tecnici di Autostrade per l'Italia e del ministero delle Infrastrutture, oltre alle società Aspi e Spea Engineering
A quasi due anni e mezzo dalla tragedia del Ponte Morandi è iniziato al Palazzo di Giustizia di Genova il secondo incidente probatorio: una nuova tappa nella formazione delle prove che saranno utili in sede processuale per accertare le responsabilità del crollo che nel 14 agosto del 2018 costò la vita a 43 persone. Settantuno gli indagati fra dirigenti e tecnici di Autostrade per l’Italia e del ministero delle Infrastrutture, oltre alle società Aspi e Spea Engineering, mentre ieri in aula erano presenti un centinaio di avvocati, 13 periti, due pubblici ministeri e il giudice che dovrà stabilire le responsabilità.
La perizia presentata dagli esperti Giampaolo Rosati, Stefano Tubaro, Massimo Losa e Renzo Valentini ha evidenziato come la causa scatenante sia stato “il fenomeno di corrosione a cui è stata soggetta la parte del tirante lato Sud-lato Genova della pila 9”; tra le cause del crollo rientrano anche “i momenti dei controlli e degli interventi manutentivi che, se fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento”. Ma proprio su un tecnicismo della perizia c’è stato il primo stop: poco prima delle 4 infatti il gip Angela Nutini è entrato in Camera di Consiglio dopo che gli avvocati difensori hanno sollevato eccezioni sul mancato deposito del software dei file sorgenti usati per il calcolo dei tiraggi, chiedendo appunto 15 giorni di tempo per analizzare i nuovi dati. Alla fine il rinvio non c’è stato ma il software dovrà essere depositato venerdì per poter essere visionato dalla difesa.
Durante l’udienza del pomeriggio ha preso la parola il perito Gianpaolo Rosati che ha introdotto la perizia con la catalogazione delle parti del ponte, con la fotografia dei particolari della struttura e le immagini dei monconi dopo il crollo.
“Vediamo come va l’incidente probatorio. È una attività parecchio importante. Poi verosimilmente le indagini potrebbero essere chiuse in primavera”, aveva detto questa mattina il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio che coordina l’inchiesta insieme ai sostituti Massimo Terrile e Walter Cotugno, entrando a palazzo di giustizia.
“Non è escluso che la lista degli indagati – ha continuato il magistrato – possa essere sfrondata al momento della chiusura delle indagini, con l’archiviazione di alcune posizioni. La perizia del gip non indica le singole responsabilità, quello toccherà a noi”.
Da un punto di vista giuridico l’incidente probatorio, che si svolge a porte chiuse in una tensostruttura in grado di ospitare 200 persone, rappresenta un’assunzione anticipata di una prova che poi sarà acquisita nel momento del dibattimento. Al momento il processo per il crollo di ponte Morandi si trova ancora in fase di indagini preliminari. Terminato l’incidente probatorio, la procura chiuderà le indagini (entro marzo-aprile). Solo allora il gip Nutini fisserà l’udienza preliminare e deciderà se e quanti imputati rinviare a giudizio. In quel momento il dibattimento diventerà pubblico e i parenti delle vittime che non hanno accettato il risarcimento di Autostrade potranno costituirsi parte civile nel processo. L’udienza proseguirà domani ma potrebbe interrompersi mercoledì o giovedì per lasciare la possibilità ai periti e ai legali di visionare il nuovo materiale.
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