L'uomo aveva sulle spalle una condanna a un anno e sei mesi per maltrattamenti all'ex compagna ma per un ritardo nella trasmissione degli atti con l'ordine di carcerazione non si trovava ancora in prigione. La Corte d'Appello: "C'è carenza di personale"

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, chiede spiegazioni sulla vicenda di Said Mechaouat, il 27enne reo confesso dell'omicidio ai Murazzi a Torino del 23 febbraio scorso, in cui è stato ucciso Stefano Leo. Mechaout aveva sulle spalle una condanna a un anno e sei mesi, definitiva dal 2018, per maltrattamenti all'ex compagna ma per un ritardo nella trasmissione degli atti con l'ordine di carcerazione era ancora libero. "Chiedo sempre all'ispettorato di procedere immediatamente. Già stamani l'ispettorato del ministero si è attivato proprio con la massima tempestività possibile proprio perché dobbiamo verificare quello che è accaduto", ha detto il ministro a Scandicci (Firenze), a margine della cerimonia d'inaugurazione dei corsi di formazione della Scuola superiore della magistratura per l'anno 2019.

Secondo il ministro, capire come possa essere accaduto "è importantissimo, e il segnale più evidente è il fatto che stamani abbiamo iniziato i nostri accertamenti. Siccome riteniamo che il ministero nel rispettare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, debba sempre verificare l'efficienza della magistratura stessa, l'ispettorato si muove a una velocità che posso dire che prima non c'era. Appena arriva una segnalazione, una notizia, immediatamente trasmetto subito agli ispettori che fanno tutti gli accertamenti che devono fare nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura".

Da Edoardo Barrelli Innocenti, presidente della Corte di Appello di Torino, arriva un messaggio di cordoglio per la famiglia della vittima: "Siamo qui prima ancora che magistrati come esseri umani e credetemi che il mio pensiero va ai parenti di Stefano Leo, a cui non solo faccio le condoglianze, ma partecipo al dolore e al cordoglio".

Poi aggiunge: "Andiamo a scavare, guardiamo perché. E' solo colpa nostra? Se e quando verrà un ispettore, venga a vedere in che condizioni siamo, nella cancelleria con la carenza di personale. C'è una mole di lavoro raddoppiata. Tutti dobbiamo impegnarci a migliorare le cose. Perché cose del genere non capitino più".

Intanto, la notizia degli intoppi nella trasmissione dei documenti della Corte d'Appello alla procura ha fatto andare su tutte le furie il padre di Stefano, Maurizio Leo. "Abbiamo delle persone in giro per il territorio italiano pericolosissime che a loro modo, quando gli parte la testa, ammazzano i nostri figli. Questo non deve più succedere. Tutti i cittadini e anche i giornalisti devono essere più severi perché questo ragazzo ha rovinato 30 famiglie. Io sono disperato. Quando questa notte ho saputo della Corte d'Appello non ho dormito. Queste persone sgozzano perché vogliono uccidere. Adesso chi va in galera? Chi sconta la pena? Abbiamo giustificazioni per tutti", attacca intervistato su Radio 24.

"Voglio andarmene dall'Italia? Si voglio andarmene, qui c'è qualcosa che non funziona. Ormai io ho fatto i funerali e Stefano non me lo restituisce nessuno. Prima questa cosa che l'assassino voleva uccidere qualcuno felice, poi questa cosa della Corte d'Appello: ma capite che è tutto assurdo? Neanche nei film c'è una sceneggiatura così", conclude.

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