Intervista a Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità
Può essere un 'lupo travestito da agnello', è vero, ma il virus Zika non deve allarmare più di tanto l'Italia e i Paesi temperati. A dirlo a LaPresse è Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità.
Dottor Rezza, cosa sta accadendo?
Accade che ci troviamo in una situazione in cui esiste un'epidemia in gran parte dell'America latina. Questo implica, certamente, che da noi possano arrivare delle persone infette, ma il numero previsto è molto limitato anche perché la trasmissione è più agevole nelle area tropicali.
Oggi il ministero della Salute ha avvertito le donne incinta di non fare viaggi nei Paesi a rischio: emergenza eccessiva?
No, non è eccessivo anche perché viaggi così lunghi e stressanti sono comunque sconsigliati in gravidanza. Ma bisogna comunque ricordare che la trasmissione avviene da zanzara a uomo quindi dovrebbe verificarsi che una donna incinta sia punta da una zanzara, che la donna venga infettata e che l'infezioni passi al feto e che alla fine il feto sia affetto da malformazioni.
In Italia che rischi si corrono?
Molto bassi, lo Zika non è malattia grave, la probabilità di avere complicanze è bassissima. Se una donna, in gravidanza, dovesse ammalarsi, prima deve fare le analisi per capire se è affetta, poi forse sarebbe opportuno fare un'ecografia per scongiurare qualsiasi malformazione.
Ma perché questi virus sono arrivato tutti insieme? E perché, per lo Zika, non c'è stata anche una prevenzione?
Perché l'allarme è nato quando è stato evidenziato, in Brasile, un aumento del venti per cento di microcefalie. Nel cervello di questi piccoli è stato scoperto il virus presente anche nel liquido amniotico. Nelle aree tropicali il rischio è altissimo, fuori è molto ridotto.
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