di Maria Elena Ribezzo
Città del Vaticano, 10 dic. (LaPresse) – A poco più di un mese dalla prima visita di Papa Francesco nella Sinagoga di Roma, in Vaticano si torna a parlare dell’amicizia con il popolo ebraico e della necessità di un fronte comune nella lotta contro l’antisemitismo, che ancora serpeggia in diverse forme. La commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo ha presentato un nuovo documento dal titolo ‘Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili’. Il documento esce a 50 anni dalla ‘Nostra Aetate’, uno dei frutti del Concilio Vaticano Secondo, che nel suo quarto capitolo colloca la relazione tra Chiesa cattolica e popolo ebraico all’interno di un nuovo quadro teologico.
Le riflessioni portano la firma del cardinale Kurt Koch, di monsignor Brian Farrell e di padre Norbert Hofmann, rispettivamente presidente, vice-presidente e segretario della commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo e, si precisa, non sono magisteriali, non entrano cioè nella dottrina, anche se rispecchiano la linea di pensiero di Papa Francesco.
LA POSIZIONE DI PAPA FRANCESCO. “Sì alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo. No a ogni forma di antisemitismo e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano”. Il Pontefice l’aveva detto chiaramente il 28 ottobre in piazza San Pietro, davanti a una folla di pellegrini di tutte le fedi, per un’udienza interreligiosa. Tanto più che nessuna religione è “immune” dal rischio di “fondamentalismi o estremismi”, aveva avvertito, invitando tutti ad “alzare lo sguardo” per guardare ai “valori positivi” che ogni fede propone.
DA UNA DISTACCATA CONVIVENZA A UN’AMICIZIA PROFONDA. Nel documento presentato oggi si mettono in luce i “grandi passi avanti” compiuti nel dialogo tra cattolici ed ebrei, così che da una “convivenza distaccata” si è passati a una “profonda amicizia”, basata sulle radici ebraiche del cristianesimo.
LOTTA COMUNE ALL’ANTISEMITISMO. Sopra ogni altra cosa, si ribadisce la volontà di lottare insieme contro l’antisemitismo, un obiettivo “importante” per estirpare ogni manifestazione di discriminazione razziale che “certamente non è ancora stato sradicato e riaffiora in modi diversi e in vari contesti”. “La storia – si legge nel documento – ci insegna dove possono condurre perfino quelle forme di antisemitismo all’inizio appena sottintese: alla tragedia umana della Shoah, in cui due terzi degli ebrei europei sono stati annientati. Entrambe le tradizioni di fede sono chiamate, insieme, a mantenere sempre sveglie vigilanza e sensibilità, anche nell’ambito sociale. Per lo stretto legame di amicizia che unisce ebrei e cattolici, la Chiesa cattolica si sente particolarmente in dovere di fare quanto è in suo potere, insieme ai nostri amici ebrei, per respingere le tendenze antisemite”. Papa Francesco, si ricorda, ha più volte sottolineato che un cristiano non può mai essere un antisemita, soprattutto a motivo delle radici ebraiche del cristianesimo.
TUTELA DELLA MINORANZA CRISTIANA IN ISRAELE. Nelle riflessioni non è stata trascurata la situazione delle comunità cristiane nello Stato di Israele, “poiché là, come in nessun altro luogo al mondo, una minoranza cristiana si trova davanti a una maggioranza ebraica”. La pace in Terra Santa, che manca e “per la quale si prega costantemente”, svolge “un ruolo considerevole nel dialogo tra ebrei e cristiani”.
L’IMPERATIVO COMUNE DI ASSISTERE GLI ULTIMI. Ciò che invece non manca e unisce i fedeli delle due religioni è l’impegno umanitario, perché ebrei e cristiani non possono “semplicemente accettare” la povertà e la sofferenza umana, devono piuttosto “impegnarsi attivamente” per il superamento di questi problemi. “Giustizia e pace” non dovrebbero essere “concetti astratti” nel dialogo, ma, secondo le intenzioni, dovrebbero concretizzarsi in modo “tangibile”.
Sia l’etica ebraica che l’etica cristiana comprendono “l’imperativo” di assistere i poveri, i deboli e i malati. Ad esempio, la commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo della Santa Sede e il Jewish Committee on Interreligious Consultations (IJCIC) hanno lavorato insieme nel 2004 in Argentina nel periodo in cui il Paese era attraversato dalla crisi finanziaria, per organizzare mense popolari comuni per i poveri e i senzatetto e per permettere ai bambini privi di mezzi di sussistenza di frequentare la scuola. La maggior parte delle Chiese cristiane hanno grandi organizzazioni umanitarie, simili a quelle esistenti all’interno dell’ebraismo, che potrebbero, si propone, “collaborare per alleviare la miseria umana”.
“Quando ebrei e cristiani, attraverso un’assistenza umanitaria concreta, apportano insieme il loro contributo alla giustizia ed alla pace nel mondo – si legge nell’ultimo punto del documento -, offrono testimonianza dell’amorevole premura di Dio”. Non più in contrapposizione, ma cooperando a fianco gli uni degli altri, “ebrei e cristiani dovrebbero adoperarsi per un mondo migliore”.
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