Di Laura Carcano

Roma, 4 dic. (LaPresse) – Tra i pericoli per i giovani sul web, i principali sono le forme di cyberbullismo e le insidie insite nella diffusione dei giochi online. A mettere in guardia genitori ed educatori è il Censis nel suo rapporto annuale presentato oggi a Roma. Minori ma non inesistenti – sempre secondo lo studio – sono ritenute le probabilità per uno studente di essere adescato online, di essere spinto verso qualche forma di disturbo alimentare o di essere vittima di siti web che svolgono proselitismo religioso e/o terroristico. Che possono fare i genitori di fronte a questi pericoli per proteggere bambini e ragazzi? “Cominciare ad ammettere le carenze dei propri figli, mettendo in discussione un modello educativo buonista” secondo Franco Garelli, docente di Sociologia dei processi culturali e Sociologia delle religioni, alla Facoltà di Scienze Politiche Università di Torino, intervistato da LaPresse.

Per i presidi che hanno dovuto gestire casi di cyberbullismo, oltre la metà dei dirigenti scolastici, secondo l’analisi del Censis, la principale difficoltà è rendere i genitori consapevoli della gravità di questi episodi. Perché questa difficoltà?

Ci sono vari indizi di un fenomeno di giovani e adolescenti che si comportano senza freni nella società e che usano forme espressive di violenza o atteggiamenti problematici per stigmatizzare gli altri. Lo si vede non solo sul web, dove uno può nascondersi dietro una e-mail, ma anche negli stadi, nelle bande di prepotenti che prendono di mira dei coetanei solo per affermare la loro identità distorta o la loro carenza di sicurezza e identità. Si vuole affermare attraverso forme estreme un senso di potenza, nascondendo di essere persone normali, e avere una affermazione sociale che non si riesce ad avere diversamente. In questi casi si possono chiamare in causa i genitori che non riescono molte volte a dare tranquillità e a educare i ragazzi al fatto che uno si può affermare nella società senza ricorrere a forme violente o di stigmatizzazione degli altri. Non è necessario avere gli altri come nemici per affermare se stessi. Ci sono genitori e famiglie, anche perbene, che non riescono comunque a fare passare questo messaggio culturale. Sono famiglie che non ammettono le carenze dei propri figli per non ammettere il fallimento del loro modello educativo.

Quale tipo di modello educativo è?

Oggi nella società ha larga eco il fatto che prestare attenzione ai figli vuol dire riconoscere che hanno doti innate, che tutto è positivo, che non c’è nulla da raddrizzare, già dall’infanzia. L’idea è che i bambini hanno delle potenzialità innate e che in questo bisogna solo assecondarli. E’ un primato dell’io e della bontà della natura umana che poi non ha riscontro nella realtà. C’è un buonismo pedagogico secondo cui i figli hanno virtù innate che devono essere coltivate e mai represse e non possono essere mai oggetto di correzione.

Cosa dovrebbero fare i genitori invece?

I genitori sono riluttanti ad ammettere le colpe perché significa mettere in discussione se stessi. Per vivere una relazione educativa sana e armonica bisogna che gli adulti, come attori sociali, siano sufficientemente sicuri di sé da potere ammettere dei fallimenti, il fatto che non tutto fila sempre liscio e che i propri figli non sono solo geniali, ma hanno dei limiti.

Il Censis segnala pericoli per i ragazzi e i bambini nei videogiochi. Che rischi arrivano dalla vita di tutti i giorni?

C’è un problema di controllo dei contenuti di questi videogiochi, ma anche una forte esposizione dei bambini e dei ragazzi alla violenza, a tutti i livelli: alla tv, nei mass media e nelle relazioni quotidiane. Adolescenti e giovani non crescono in un mondo sufficientemente tranquillo per lo sviluppo ma in un mondo ricco di tensioni e conflitti e problematicità. Questo si riverbera sul modo in cui pensano di potere affermarsi nella società con una competizione eccessiva e un accento esagerato sul sé: un atteggiamento più conflittuale che cooperativo nella relazione sociale.

Su che terreno attecchisce il pericolo di un proselitismo religioso basato su fanatismi e/o terroristico sul web fra i giovani?

Va ricordato che è un fenomeno di nicchia o, altrimenti, si perdono le proporzioni. Sono situazioni in cui alcune persone hanno un vuoto di relazione e di rapporti e di concezione di se’ per cui si prestano a legarsi a proposte che diano loro un ruolo e una sicurezza. In questi fenomeni emerge un cambio di condizione di vita di cultura e credenze per cui uno mette in discussione la socializzazione del proprio passato, magari già precaria: dedicarsi a una causa in modo totalizzante, a una causa forte che porti a militare con l’Occidente come nemico da parte di soggetti cresciuti in Europa e che sono stati abituati a vivere in modo pluralistico è una opzione culturale e di vita molte forte. Queste reazioni colmano dei vuoti e delle domande di senso e di relazione, la domanda di contare di più in una società in cui si è ai margini con un salto esistenziale che fa dedicare una persona a una causa totalizzante, che da’ sicurezze ma che priva di altre libertà e porta a gesti estremi. Si tratta di persone alla deriva e che non si sentono realizzate e valorizzate e che rispondono a queste chiamate e che si rivoltano alla società con queste scelte totalizzanti. Una volta c’erano le grandi vocazioni politico-ideologiche e umanitarie. Oggi ci sono queste chiamate dal di fuori, che propongono scelte totalizzanti e negative che sono controumanitarie.

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