Città del Vaticano, 2 dic. (LaPresse) – “Sono peccatore, mi sento peccatore, sono sicuro di esserlo; sono un peccatore al quale il Signore ha guardato con misericordia. Sono, come ho detto ai carcerati in Bolivia, un uomo perdonato”. Lo ha detto Papa Francesco in un’intervista al settimanale del Giubileo, ‘Credere’.
“Ancora adesso commetto errori e peccati – ha aggiunto -, e mi confesso ogni quindici o venti giorni. E se mi confesso è perché ho bisogno di sentire che la misericordia di Dio è ancora su di me. Mi ricordo – l’ho già detto molte volte – di quando il Signore mi ha guardato con misericordia. Ho avuto sempre la sensazione che avesse cura di me in un modo speciale, ma il momento più significativo si verificò il 21 settembre 1953, quando avevo 17 anni. Era il giorno della festa della primavera e dello studente in Argentina, e l’avrei trascorsa con gli altri studenti; io ero cattolico praticante, andavo alla Messa della domenica, ma niente di più. Ero nell’Azione cattolica, ma non facevo nulla, ero solo un cattolico praticante. Lungo la strada per la stazione ferroviaria di Flores, passai vicino alla parrocchia che frequentavo e mi sentii spinto a entrare: entrai e vidi venire da un lato un sacerdote che non conoscevo. In quel momento non so cosa mi accadde, ma avvertii il bisogno di confessarmi, nel primo confessionale a sinistra. E non so cosa successe, ne uscii diverso, cambiato. Tornai a casa con la certezza di dovermi consacrare al Signore e questo sacerdote mi accompagnò per quasi un anno”.
“Era un sacerdote di Corrientes, don Carlos Benito Duarte Ibarra – ha raccontato il Papa in una intervista al settimanale del Giubileo “Credere” -, che viveva nella Casa del Clero di Flores. Aveva la leucemia e si stava curando in ospedale. Morì l’anno successivo. Dopo il funerale piansi amaramente, mi sentii totalmente perso, come col timore che Dio mi avesse abbandonato. Questo è stato il momento in cui mi sono imbattuto nella misericordia di Dio ed è molto legato al mio motto episcopale: il 21 settembre è il giorno di san Matteo, e Beda il Venerabile, parlando della conversione di Matteo, dice che Gesù guardò Matteo ‘miserando atque eligendo’. Si tratta di un’espressione che non si può tradurre, perché in italiano uno dei due verbi non ha gerundio, neppure in spagnolo. La traduzione letterale sarebbe ‘misericordiando e scegliendo’, quasi come un lavoro artigianale. ‘Lo misericordiò’: questa è la traduzione letterale del testo. Quando anni dopo, recitando il breviario latino, scoprii questa lettura, mi accorsi che il Signore mi aveva modellato artigianalmente con la sua misericordia. Ogni volta che venivo a Roma, poiché alloggiavo in via della Scrofa, andavo nella chiesa di San Luigi dei Francesi a pregare davanti al quadro del Caravaggio, appunto la Vocazione di san Matteo”.
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