Roma, 18 lug. (LaPresse) – “Lo so che è dura anche per gli italiani, ma che possiamo fare? Mica è voluto”. Irene è in Italia da 28 anni.
Originaria della Guinea, sulla quarantina, ha tre figli, di 11, 9 e 6 anni. E’ nera ma l’inflessione e i gesti sono quelli di una romana. E’ nel piazzale della Tiburtina, partecipa al presidio di solidarietà con gli occupanti dell’ex hotel Gemini. “Io abito in un altro posto occupato – spiega – sono venuta per solidarietà. Dobbiamo sostenerci a vicenda. I miei figli stamattina sono da un’amica”.
Racconta la sua storia di immigrazione: “Ho sempre lavorato. Carta di soggiorno, contributi, tutto in regola. Poi due anni fa ho perso il lavoro, e anche mio marito. Pagavamo 800 euro al mese di affitto, siamo finiti in mezzo alla strada. Sono iscritta alle liste del Comune, ma non c’è verso di avere una casa. Non fa piacere a nessuno trovarsi in una situazione del genere, non vorrei essere qua”.
“Adesso in Comune – spiega – non fanno neanche più la residenza a chi occupa. Noi l’abbiamo chiesta prima del piano casa di Lupi quindi ce l’abbiamo ancora, speriamo che non ce la tolgano, se no non so come faremmo col medico”.
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