Roma, 5 nov. (LaPresse) – L’incontro ‘L’Italia s’è desta?’ che Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, avrebbe dovuto tenere questa sera al Palazzo ducale di Genova è stato annullato su suggerimento della Digos per timore di eventuali disordini. L’evento, ospitato dalla Fondazione Edoardo Garrone, e moderato da Giovanna Zucconi, avrebbe toccato il tema del futuro del Paese. “Ci sto male da matti”, confessa Farinetti in un’intervista a ‘La Stampa’. “Alcuni imprenditori miei amici mi considerano un comunista, eppure c’è gente che mi dà dello sfruttatore”, si sfoga l’imprenditore, secondo il quale tutto ciò accadrebbe “perché sono amico di Renzi”. Farinetti poi spiega che l’allarme è partito dal fatto che alcune persone hanno distribuito volantini davanti a Eataly di Genova: subito dopo, la Fondazione gli ha comunicato che non se la sentivano più, “per paura di ritorsioni”. Eppure assicura che non avrebbe avuto paura: “sono figlio di un partigiano della Matteotti. Sarei andato e avrei invitato sul palco qualcuno dei miei contestatori, in modo da potermi confrontare. Ma la polizia temeva per la mia incolumità e per quella del pubblico”.

Farinetti chiarisce: “Io non sono renziano, sono ‘renzista’, vuol dire che non sono un suo sodale politico; sono uno che approva quel suo modo di affrontare i problemi e di cercare di risolverli rapidamente. Anche la sua imprecisione mi piace”. “Renzi – continua Farientti – non fa cose perfette, ma almeno comincia a fare. Aspettando la perfezione, per troppo tempo non si è fatto nulla”. La divisione che oggi Renzi genera, secondo il fondatore di Eataly, “ci sta. Il guaio è che si usa un linguaggio troppo violento”. Ad esempio “è violenza dire ‘sei stato eletto dai poteri forti’, ed è violenza, lo ammetto, anche dire che i sindacati non contano nulla”.

Alle accuse di sfruttamento dei dipendenti Farinetti risponde “con un dato di fatto”, ossia che “a protestare contro le condizioni di lavoro nelle mie aziende non sono i miei dipendenti, e neppure i sindacati. Non ne avrebbero motivo: l’83% dei dipendenti nei punti vendita storici di Eataly è a tempo indeterminato. In quelli nuovi la percentuale è del 50%, ma solo perché i nuovi assunti devono imparare il mestiere: nel giro di pochi mesi, adeguiamo i contratti. Un 5-6% di dipendenti incazzati ci sarà anche, ma è fisiologico in ogni azienda”. “Il problema – aggiunge – è che poi certe leggende metropolitane vengono rilanciate dai social forum e il clima si avvelena”. L’imprenditore non nasconde la sua amarezza, quando ricorda che ha dato lavoro a circa quattromila dipendenti. “In sette anni – dice -, da zero, abbiamo dato lavoro a duemila persone in Italia, in un tempo di crisi. E abbiamo ridato vita a dieci luoghi storici abbandonati senza ricevere un centesimo di contributo pubblico”.

“Io – aggiunge – non rinfaccio niente a nessuno: creare posti di lavoro è un dovere. La cosa di cui non mi capacito, la cosa che mi fa stare male, è che le accuse contro di me sono false”. “Eataly – conclude Farinetti – è fatta di soci che hanno rischiato i propri capitali e non si sono mai distribuiti i dividendi. A marzo apriamo a San Paolo, a luglio a Mosca. E in Italia ci trattano così. Davvero verrebbe voglia di dire: andiamocene. Ma non mollo. Lo devo a un sacco di giovani italiani che cercano un lavoro”.

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